Banca Popolare di Vicenza potrebbe avere altre gatte da pelare coi risparmiatori. La Bce ha infatti ravvisato che gli indici patrimoniali della banca erano stati gonfiati negli anni 2014 e 2015 e per questo ha proposto di comminare alla banca una sanzione di 35 milioni di euro.

 

Per cui, se è vero che i bilanci di quegli anni sono stati falsati da scritture contabili gonfiate, i risparmiatori in possesso di obbligazioni emesse dalla Banca Popolare di Vicenza potrebbero fare causa alla banca stessa per chiederne i danni.

In teoria anche gli azionisti potrebbero fare la stessa cosa, ma la maggior parte di costoro ha già firmato una liberatoria nell’ambito della proposta di ristoro appena conclusasi sollevando la banca da “ogni responsabilità” e quindi perdendo il diritto di azioni legali nei confronti di essa.

 

Multa della Bce a Popolare Vicenza per conti gonfiati

 

Normalmente, in questi casi, gli emittenti che incorrono in verifiche e in sanzioni sui rendiconti finanziari, propongono poi ai creditori una “consent fee” al fine di “aggiustare” retroattivamente qualche voce nelle pieghe del prospetto informativo che fa riferimento alla comunicazione e redazione dei bilanci per evitare che si possano creare situazioni tali da sollevare contenziosi milionari fra creditori ed emittenti. La pratica è ben conosciuta dagli investitori istituzionali che dispongono di studi legali pronti a far scattare cause milionarie alla minima violazione di una clausola contrattuale. Meno ai risparmiatori retail, ai quali viene spesso chiesto dall’emittente di firmare sbrigativamente documenti senza che ne vengano illustrati tutti gli aspetti tecnici.

 

Obbligazionisti Bpvi pronti a fare causa

 

Per Banca Popolare di Vicenza, quindi, c’è il rischio che si possa giungere ad altri contenziosi se venisse confermata la sanzione della Bce sui bilanci gonfiati in passato. Ma non solo. Conferme in tal senso potrebbero arrivare anche dall’inchiesta avviata dalla Procura della Repubblica nei confronti dell’ex presidente Gianni Zonin e altri suoi fidati collaboratori per i quali Bpvi ha già chiesto risarcimenti per oltre 1 miliardo di euro.

Dalle carte degli inquirenti potrebbero saltar fuori altri elementi che possono rafforzare il diritto di risarcimenti per chi ha prestato denaro a Bpvi. Un’altra tegola, quindi, che rischia di pesare, non solo sui conti della banca, ma anche sul processo di ristrutturazione finanziaria allo studio dell’Ad Fabrizio Viola che prevede una ricapitalizzazione precauzionale a carico dello Stato e una successiva fusione con Veneto Banca. A maggior ragione se le obbligazioni subordinate dovessero essere forzatamente convertite in azioni, come sconta il mercato, nell’ambito del processo di rafforzamento patrimoniale.

 

Conversione bond subordinati in azioni Bpvi

 

“In questo caso – spiega un avvocato milanese – la eventuale conversione dei bond subordinati in azioni dovrebbe prima trovare accoglimento fra i possessori degli stessi per quanto concerne la violazione dei rendiconti finanziari del 2014 e 2015 in relazione a intervenuti fattori di maggior rischio sulla proposta d’investimento originario e poi, in un secondo momento, potrebbe essere modificato il prospetto informativo”. In tal senso e non solo, la fusione dei due istituti di credito veneti sarebbe funzionale non tanto alla creazione di una nuova e pulita realtà finanziaria, ma piuttosto a quella di “mescolare e nascondere bene le carte” di Bpvi e Veneto Banca al fine di far perdere le tracce contabili sulle quali i creditori (non solo gli obbligazionisti) potrebbero intentare causa.