Banca Popolare di Vicenza chiede più soldi al mercato.  L’istituto bancario veneto, si appresta ad approvare il passaggio a s.p.a. e a chiedere soldi al mercato mediante aumento di capitale da 1,75 miliardi di euro, 250 in più rispetto a quanto preventivato a fine 2015. Contestualmente il Cda ha approvato il prezzo di recesso in vista della modifica della governance. Il valore delle azioni è stato fissato in 6,3 euro e rappresenta un ordine di grandezza indicativo di quale potrebbe essere il futuro valore dei titoli.

Sarà interessante – scrive MF – scoprire quanti soci sceglieranno di esercitare il recesso e quanti invece seguiranno la banca nelle prossime iniziative. A Veneto Banca ad esempio soltanto 219 azionisti su 87.504 hanno fatto un passo indietro, segno che rimanere azionisti viene giudicata una soluzione comunque più conveniente che recedere.  

Bond Popolare Vicenza scendono in vista dell’assemblea

  La notizia non ha mancato di avere ricadute sui bond e in particolare su quelli subordinati, anello debole del sistema bancario italiano. L’ultima obbligazione emessa da Popolare di Vicenza 9,50% 2020 (XS1300456420) con una size da 200 milioni di euro e destinata ad investitori istituzionali è scesa sotto il 60% del valore nominale per un rendimento che tocca il 18% a scadenza. In sofferenza anche gli altri bond più corti, come la Popolare di Vicenza 3,50% 2017 (XS1017615920 ) in scadenza fra meno di un anno che prezza 91 e rende il 14% s scadenza. Cosa sta succedendo? L’attenzione – osservano gli investitori – è tutta concentrata sull’assemblea che sabato 5 marzo 2016 si riunirà a Vicenza per approvare bilancio, trasformazione in spa, aumento di capitale e quotazione in borsa. Un pacchetto molto corposo che farà sicuramente della giornata un appuntamento decisivo per Bpvi. L’intenzione del management è infatti quella di lanciare speditamente l’aumento di capitale e portare il Cet1 ratio al 12%, ben al di sopra dei requisiti patrimoniali minimi richiesti dalla BCE.

L’operazione, assistita dalla garanzia di Unicredit, servirà per mettere in sicurezza il gruppo dopo le pesanti perdite riportate nel 2015. L’anno si è chiuso infatti con un rosso di 1,4 miliardi, legato alle rettifiche sui crediti.