Quando nel marzo dello scorso anno, la pandemia aveva fatto definitivamente ingresso in Italia, lo spread BTp-Bund si avvicinò rapidamente e pericolosamente alla soglia dei 300 punti base. Dopo qualche giorno di tentennamento, però, la BCE varò un programma emergenziale contro il Covid, definito PEPP. I prezzi dei BTp si risollevarono piuttosto in fretta e i rendimenti crollarono fino ai minimi di sempre agli inizi di quest’anno, corroborati anche dal cambio di governo.

Adesso, il governatore della Bundesbank, Jens Weidmann, chiarisce ai suoi colleghi del board che la prima “P” di PEPP sta per “Pandemic”, cioè il programma di acquisti dei bond per 1.850 miliardi di euro entro il marzo 2022 è legato a un’emergenza.

I tedeschi hanno qualche ragione per alzare la voce. Ad agosto, l’inflazione in Germania è salita al 3,9%, nell’intera Eurozona al 3,3%. Ormai, il rischio di deflazione è stato definitivamente scongiurato da mesi e si affaccia ormai preponderante quello della crescita troppo alta dei prezzi al consumo.

Dati PEPP e confronto con QE della BCE

La sola ipotesi che la BCE possa condurre tramite il PEPP minori acquisti settimanali fa tremare il mercato. I prezzi dei BTp, come abbiamo detto, si sono giovati di questo programma. E non soltanto per via degli ingenti acquisti realizzati (208,8 miliardi di euro al 31 luglio scorso), ma anche per la flessibilità con cui essi possano avvenire. La BCE non è tenuta qui a rispettare il “capital key”, la regola che lega l’entità degli acquisti di bond alle dimensioni di ciascuna economia con il “quantitative easing” (QE). E fino a questo mese può acquistare anche titoli di stato declassati a “junk” dalle agenzie di rating, a seguito della pandemia.

Facciamo presente un dato. Non è vero che con il PEPP la BCE abbia favorito gli acquisti di BTp, se non per la primissima fase. Essi incidono per il 17% del totale, esattamente quanto la sua quota spettante con il QE.

Nel bimestre giugno-luglio, ad esempio, gli acquisti netti di BTp sono stati pari al 15,7% del totale. E allora, perché risulta così importante per il mercato? Il solo fatto che il PEPP consenta alla BCE di trasgredire i limiti a cui sarebbe altrimenti sottoposta allenta le tensioni a carico dei bond italiani.

Si consideri che tra PEPP e QE, gli acquisti su base annuale di BTp ammontano a oltre 180 miliardi. Di fatto, monetizzano tutto il deficit emesso in questa fase. E senza contare i prestiti che stiamo già ricevendo dalla Commissione UE con il Recovery Fund. Ormai, Francoforte è creditrice di quasi un quarto del nostro debito pubblico, qualcosa come 636 miliardi a fine luglio. Realisticamente, a fine agosto il dato sarà salito sopra 650 miliardi. Solo così si spiega perché i prezzi dei BTp siano così alti, vale a dire i rendimenti così bassi, pur all’apice della classifica europea. La fine del PEPP sarà un brusco risveglio per Roma. Per questo va maneggiato con estrema cura da Francoforte.

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