Un’indiscrezione del Financial Times conterrebbe novità dirompenti per la politica monetaria nell’Eurozona. La BCE discuterà a novembre, nel corso di due riunioni speciali, la possibilità di innalzare gli acquisti di bond emessi dall’Unione Europea (UE) con il Recovery Fund. Ad oggi, può acquistare tali obbligazioni sovranazionali nel limite del 10% del programma monetario.

La Commissione intende aumentare le emissioni di bond UE dagli 80 miliardi di euro di quest’anno a un valore doppio durante il 2022. Di fatto, diverrà uno dei principali emittenti del continente.

Il maggiore sostegno della BCE le consentirebbe di collocare sul mercato titoli a rendimenti più bassi, possibilmente con spread meno accentuati rispetto ai Bund. Quali conseguenze per i BTp? E per quali ragioni Francoforte starebbe discutendo una tale opzione?

Il fatto che i bond UE sarebbero oggetto di maggiori acquisti della BCE renderebbe tali titoli un riferimento più credibile per l’Eurozona. D’altra parte, gli investitori potrebbero spostarsi su questo segmento, a discapito sia dei titoli tedeschi che di quelli italiani. Questi ultimi sono considerati di categoria inferiore per qualità, come segnalano incontrovertibilmente i rendimenti stessi. Da questo punto di vista, i BTp rischiano un effetto spiazzamento, peraltro in pieno “tapering”.

Più bond UE nel portafoglio BCE?

Tuttavia, la vera motivazione dietro a una simile scelta consisterebbe nella volontà della BCE di procrastinare e potenziare il “quantitative easing” (QE) il più possibile. Nel marzo 2020, l’istituto varò il cosiddetto PEPP per affrontare l’emergenza finanziaria scaturita con la pandemia. Tali acquisti, innalzati fino a 1.850 miliardi di euro ed estesi al marzo 2022, verranno meno con il cessato allarme Covid. E con un’inflazione nettamente sopra il target del 2%, risulta ormai difficile giustificarne l’estensione temporale. Ma gli stati hanno bisogno di ulteriore sostegno, essendo alle prese con economie ancora sotto i livelli pre-Covid ed emissioni di debiti molto superiori.

Per questo, la BCE prevede di potenziare il QE dai 20 miliardi mensili attuali. Si parla di raddoppiarne o triplicarne l’importo. C’è un problema: di questo passo, finirebbe per violare presto una sua stessa regola, in base alla quale non può detenere più di un terzo del debito di uno stato. E rischia di superare la soglia per paesi come Germania e Olanda, relativamente poco indebitati. Poiché i componenti “falchi” del board non vogliono sentirne di ammorbidire le regole, ecco che i maggiori acquisti di bond UE consentirebbero a Francoforte di guadagnare tempo. Una quota maggiore del budget sarebbe destinata alle emissioni sovranazionali e gli acquisti dei bond nazionali si ridurrebbero, ma senza peggiorare le condizioni complessive del mercato. Di fatto, la liquidità resterebbe inalterata.

Seguendo questa linea di interpretazione, i BTp ne uscirebbero da potenziali vincitori. Il QE sarebbe potenziato e andrebbe avanti senza intoppi per un periodo più lungo. La BCE continuerebbe a tenere i rendimenti sotto controllo, almeno fino a quando l’inflazione non dovesse segnalare un surriscaldamento sopra il target in maniera strutturale. Resta lo scoglio del consenso interno, poiché una simile misura andrà approvata dalla maggioranza assoluta dei 25 membri del board. E non è difficile prevedere le forti resistenze di Bundesbank e alleati del Centro-Nord Europa.

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