I rendimenti italiani si sono “normalizzati” dopo la fiammata dello spread tra fine ottobre e inizio novembre. Oggi, il BTp a 10 anni viaggia al -0,93%, ma all’inizio del mese aveva superato l’1,20%. Lo spread è tornato in area 120 punti base, scendendo dai massimi recenti, pur restando più elevato dei mesi scorsi. Il fatto è che nel frattempo ad essere scesi sono stati i rendimenti tedeschi. Il Bund a 10 anni stamattina offriva il -0,28%, ai minimi dal settembre scorso. E dire che nelle settimane passate aveva toccato un apice del -0,09%.

A cos’è dovuta questa retromarcia apparentemente ingiustificata? La BCE ha allontanato lo spettro di un rialzo dei tassi d’interesse nel corso del 2022, ma con un’inflazione nel’Eurozona sopra il 4% le chiacchiere stanno a zero. A meno che non rientri in pochissimi mesi, l’avvio di una stretta monetaria si renderebbe indispensabile. O meglio, dovremmo attenderci il taglio degli acquisti dei bond sia con il PEPP che con il “quantitative easing”.

Rendimenti tedeschi giù con il Covid in Germania

D’altra parte, i rendimenti tedeschi stanno riscendendo sui timori legati alla pandemia in Germania, oltre che in altri paesi europei come l’Austria. Contagi e morti per Covid a Berlino sono conteggiati ai massimi dalla primavera scorsa. I nuovi casi giornalieri stanno salendo al ritmo di 40.000. Si parla di nuove restrizioni e non c’è un governo federale nel pieno dei poteri capace di esitare una risposta immediata e certa alla recrudescenza. Insomma, c’è il serio rischio che prima di Natale la prima economia europea sia costretta a richiudere.

I Bund sono “safe asset”, cioè si acquistano nelle fasi di tensione sui mercati. Paradossalmente, quindi, le cattive notizie che arrivano dalla Germania fanno scendere proprio i rendimenti tedeschi, innalzando quelli dei paesi avvertiti più a rischio per via dell’elevato debito, Italia in testa.

A ciò si aggiunge la carenza di debito pubblico tedesco negoziabile sui mercati in questa ultima parte dell’anno. Le emissioni nette nell’Eurozona complessivamente sono scarse, dato che i governi hanno fatto incetta di titoli nei mesi scorsi e dispongono adesso della liquidità sufficiente per ottemperare alle scadenze immediate e fronteggiare eventuali fabbisogni finanziari superiori alle attese.

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