Ieri, è emerso che l’inflazione negli Stati Uniti nel mese di novembre è scesa ulteriormente al 7,1% su base annua, sotto le attese. Il mercato ha brindato con rialzi per borse e bond. Tra i principali beneficiari della notizia ci sono stati i titoli di stato italiani. Essi hanno visto scendere i rendimenti e lo spread con i Bund della Germania. Il decennale, che all’inizio della seduta offriva il 3,82%, scendeva fino al 3,68%. Oggi sarà la volta della Federal Reserve, che anche sulla scorta del dato di ieri dovrebbe alzare i tassi d’interesse di non oltre 50 punti base o 0,50%.

E poi c’è il board BCE di domani. Scontato un rialzo dei tassi dello 0,50%. L’attenzione si concentrerà più sui criteri che saranno resi noti a proposito del “quantitative tightening“. In pratica, cesseranno in parte i reinvestimenti di bond in scadenza acquistati con il “quantitative easing”.

Test FED e BCE tra oggi e domani

La comunicazione di Francoforte sarà importante per evitare reazioni impreviste e negative del mercato. In passato, il governatore Christine Lagarde non ha brillato per chiarezza espositiva. D’altra parte, sembra ultimamente avere imparato la lezione. Se i titoli di stato italiani supereranno oggi e domani senza scossoni, improbabile che nei prossimi mesi torneremo a vedere i rendimenti dei mesi scorsi. Ad ottobre, il BTp a 10 anni era schizzato fino al 4,90% con uno spread a 250 punti. Alle attuali condizioni di mercato, quel dato non risulterebbe più giustificato.

Chiaramente, stiamo facendo i conti senza l’oste, cioè l’inflazione. Un conto sono gli Stati Uniti, un altro l’Eurozona. Da noi il principale problema dell’instabilità dei prezzi è dato dalla crisi dell’energia. Le quotazioni del gas sono aumentate del 45% dai minimi di ottobre, portandosi a 140 euro per Mega-wattora alla borsa olandese. L’arrivo dei primi freddi invernali nel Vecchio Continente aumenta i consumi energetici e con essi i costi di approvvigionamento.

Sul punto i tassi BCE poco potrebbero nel breve.

Immaginando, però, che l’inflazione scenda costantemente anche nell’Area Euro, i rendimenti dovrebbero continuare a scontare tale scenario positivo. Il rally dei titoli di stato proseguirebbe, pur più moderatamente delle scorse settimane. Ad oggi, il mercato stima tassi BCE fino al 3% entro la prima metà dell’anno prossimo. Questo significa che forse già da domani Lagarde segnalerà una prosecuzione della stretta monetaria a ritmi possibilmente più lenti.

Rendimenti titoli di stato giù

Per chi aspettasse ancora di entrare sul mercato sovrano, questi punti uniti porterebbero a una sola conclusione: siamo all’ultima chiamata per acquistare titoli di stato a rendimenti accettabili. Nei prossimi mesi, sebbene non rivedremo i rendimenti infimi pre-bellici, l’appeal dei bond scemerà. Chi non avrà acquistato ai prezzi attuali, si morderà probabilmente le mani al pensiero di avere rinunciato a un buon 3,5-4% netto.

Già all’asta dei BTp a medio-lungo termine di ieri i rendimenti sono risultati in calo. Persino nel tratto breve della curva si registra una stabilizzazione dopo i massimi toccati nei mesi passati. I titoli di stato a 2 anni offrivano ieri il 2,56%, riflettendo perfettamente le condizioni monetarie attuali. Lo spread su questa scadenza è sceso a meno di 50 punti base o 0,50%. Era in area 145 punti alla fine di settembre. Ennesima conferma del minore rischio sovrano percepito.

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