Ieri, UBI Banca ha collocato sul mercato un’obbligazione del tipo Tier 3 con scadenza 20 giugno 2024 e cedola 2,625% per un importo di 500 milioni di euro, raccogliendo ordini per quasi un miliardo. L’emissione è stata un successo, come dimostra l’abbassamento di 15 punti base del rendimento finale esitato, risultato di 290 bp al di sopra del tasso “midswap” a 5 anni, rispetto alla “guidance” iniziale di +305. Considerato il prezzo di emissione di 99,465, il rendimento si è attestato al 2,741%. A febbraio, la stessa UBI Banca aveva emesso un altro bond, stavolta di tipo Tier 2, ma con durata decennale ed esitando un rendimento del 5,781% sopra il corrispondente midswap.

Obbligazione subordinata UBI Banca, ecco le caratteristiche del bond Tier 2 “callable”

Qual è la differenza tra i due tipi di bond? Il Tier 2 è un’obbligazione subordinata, cioè che rischia di subire perdite prima di tutte le altre obbligazioni e subito dopo le azioni nel caso di “bail-in”. Le cedole, poi, possono essere bloccate, ma solo nel caso di gravi insolvenze. Il capitale può evaporare integralmente. Il Tier 3, invece, rende il bond una sorta di ibrido, a metà strada tra debito senior e subordinato, anzi formalmente viene definito debito senior “non preferred”.

In altre parole, rispetto a un’obbligazione senior o ordinaria, si mostra teoricamente più rischiosa, in quanto verrebbe coinvolta nelle perdite prima, ma sempre successivamente a tutte le altre obbligazioni subordinate. Pertanto, il bond di UBI Banca emesso ieri verrebbe finanche azzerato dopo le azioni, le obbligazioni subordinate e prima delle obbligazioni senior e, infine, dei conti correnti sopra i 100.000 euro. Per queste sue caratteristiche, rende di più di un’obbligazione senior, ma meno di una subordinata. Le emissioni di questi titoli non vengono conteggiate tra il capitale di vigilanza e l’authority le raccomanda per rafforzare il capitale. Hanno una pecca: non possono essere sottoscritti dagli investitori individuali, bensì solo da quelli istituzionali.

Rendimento e rischio

Il rendimento di circa il 2,74% per un quinquennale si mostra abbastanza appetibile, dati i rischi contenuti. Si consideri che per la stessa scadenza, un BTp offre oggi meno dell’1,50%, mentre nel resto della periferia dell’Eurozona i rendimenti sono scesi, addirittura, in area negativa. Bisognerebbe investire in un BTp di durata residua superiore ai 15 anni per ottenere la stessa remunerazione. Il fatto che il 55% degli ordini sia arrivato dall’estero segnala anche la distensione del clima sui mercati con l’avvicinarsi delle aste T-Ltro, le quali inietteranno liquidità alle banche dell’area e a costi finanche sottozero, a seconda dell’aumento dei prestiti erogati alla clientela da parte dei beneficiari.

Il vero rischio di questi bond risulta essere un altro: la scarsa liquidità. Prendete il bond Tier 2 di febbraio e cedola 5,875%: nessuno scambio avvenuto dopo il 29 maggio. Ciò significa che la distanza tra denaro e lettera potenzialmente sarebbe elevata, infliggendo perdite agli obbligazionisti che volessero vendere e che non trovassero in tempi brevi un acquirente disponibile, almeno non ai prezzi minimi richiesti. Pertanto, quando si acquista un titolo del genere bisogna mettere in conto la non convenienza a rivenderlo prima della scadenza. Per fortuna, parliamo di un quinquennale e, in più precluso, alle famiglie, un fatto quest’ultimo che si mostra ingiusto, privando i piccoli investitori di opportunità di guadagno interessanti in tempi di tassi negativi e a zero.

Obbligazioni subordinate vietate ai risparmiatori, giusto privarli di opportunità di guadagno? 

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