GLP è stata fondata nel 2009 a Singapore come società dedita nel settore degli investimenti sulla logistica industriale e attivo nell’immobiliare. Nelle scorse ore, è stata la prima dell’area Asia-Pacifico ad avere emesso obbligazioni perpetue “verdi” e subordinate in dollari USA. L’importo collocato è stato di 850 milioni, nettamente superiore ai 500 milioni inizialmente previsti. La domanda è stata notevole: oltre 6 volte l’offerta. Ad essersi occupate dell’operazione sono state Citigroup, DBS Bank, Deutsche Bank, Goldman Sachs e Mizuho Securities Asia.

I proventi della raccolta saranno utilizzati per finanziare progetti “green”, in accordo con il relativo piano varato da GLP.

Dicevamo, sono state emesse come obbligazioni perpetue. Questo significa che non hanno scadenza. In teoria, potrebbero non essere rimborsate mai. Di certo, la società non potrà farlo per tutti i primi 5 anni. Fino ad allora, infatti, il bond è “non callable”.

Secondariamente, si tratta di obbligazioni subordinate. Il rischio che ci si assume acquistandole è più elevato che per le obbligazioni senior o ordinarie. In caso di fallimento, l’investitore sarebbe rimborsato solo successivamente agli altri investitori senior. Chiaramente, se le risorse risultassero insufficienti allo scopo, si rischierebbe di perdere fino all’intero capitale.

I rischi di queste obbligazioni perpetue

Altro aspetto: le cedole sono step up, vale a dire crescenti con il tempo. Infatti, le obbligazioni perpetue di GLP prevedono un tasso d’interesse annuale del 4,5%, a cui si aggiunge lo 0,25% a partire dal decimo anno e lo 0,75% a partire dal 25-esimo anno. La cedola step up si caratterizza come una sorta di premio a favore degli obbligazionisti, decorso un certo numero di anni. D’altra parte, essa incentiva l’emittente a rimborsare il capitale, qualora le condizioni finanziarie lo consentissero.

In effetti, si fa presto a dire obbligazioni perpetue. Se tra tot anni, GLP avesse la possibilità di rifinanziarsi sui mercati a tassi più bassi, avrebbe la convenienza a emettere un nuovo bond con i cui proventi rimborsare quello attuale.

In questo modo, la spesa per interessi a bilancio graverebbe di meno. In un certo senso, il rischio che si corre con le obbligazioni perpetue non è tanto di non essere mai rimborsati.  Chi le compra è consapevole di percepire proprio per questo una cedola relativamente più alta. Semmai, è quello opposto: essere rimborsati dopo il periodo “non callable” e trovarsi costretti a reimpiegare il capitale in assets meno redditizi, a parità di rischio.

Ovviamente, chi acquistasse dall’Eurozona queste obbligazioni perpetue si assumerebbe anche un rischio di cambio, essendo denominate in dollari. Se l’euro si rafforzasse contro la divisa americana, le cedole e lo stesso capitale perderebbero valore. Riepilogando: rischio di credito, come per qualsiasi emittente, ma rafforzato dalla clausola di subordinazione; rischio di reimpiego del capitale nel caso di rimborso dopo il periodo “non callable”; rischio di cambio. Infine, non è un rischio di natura finanziaria, bensì legato alla tipologia dell’investimento: il “greenwashing”. Compriamo il bond pensando di finanziare iniziative ambientali e potremmo scoprire a consuntivo che così non è stato.

[email protected]