Tra le opportunità di diversificazione del portafoglio ve n’è una che appare interessante. Parliamo di un’obbligazione denominata in dollari USA ed emessa dalla banca Hbsc, che gode di rating elevati: “A” per Standard & Poor’s, “A2” per Moody’s e “AA-” per Fitch. Le prime due agenzie assegnano un “outlook” stabile, la terza negativo, ma parte da un giudizio migliore. Insomma, l’emittente è solido e il rischio di credito risulta, pertanto, assai contenuto. Ma trattandosi di un titolo denominato in valuta straniera, dobbiamo pur sempre tenere conto del cambio.

Nel caso specifico, come vedremo, esso risulterebbe amplificato in un senso o nell’altro dalle caratteristiche peculiari del bond.

Obbligazioni ENI 2023, meglio il bond in euro o in dollari come rendimento?

L’obbligazione Hsbc ha scadenza 28 settembre 2024 (ISIN: XS1876165819) e offre una cedola crescente (step-up), pari al 2,85% per quest’anno e in pagamento alla fine del settembre 2020 e al 3,30% per il settembre 2021. Dopodiché, riconoscerà all’investitore una cedola pari al Libor Usd a 3 mesi. Quest’ultimo è il tasso d’interesse praticato sui prestiti in dollari americani di durata trimestrale da banche con sede a Londra e appositamente selezionate. Poiché al momento il Libor Usd a 3 mesi si attesta al 2,088%, il rendimento annuo lordo alla scadenza risulta del 3,12%, ipotizzando chiaramente che il suddetto tasso di mercato resti a questo esatto livello per il triennio in cui la cedola sarà agganciata ad esso.

Chiaramente, non sarà così. All’inizio dell’anno, toccava il 2,80%. Da allora ha ripiegato sulle attese di un allentamento monetario da parte della Federal Reserve, che effettivamente ha tagliato già due volte i tassi USA dello 0,50% in tutto e si accingerebbe a fare lo stesso anche a fine mese. Dunque, se la Fed sarà espansiva, i tassi di mercato scenderanno, tra cui il Libor. Ciò significa per l’investitore riscuotere una cedola inferiore a quella sinora ipotizzata per il triennio 2022-2024, anche se va detto che da qui a 3 anni le cose potrebbero cambiare parecchio in qualsiasi direzione.

Gli scenari su tassi e dollaro USA

Immaginiamo che la Fed continui a tagliare i tassi e finanche li tenga a zero fino alla scadenza del bond. Quando ciò è accaduto nel corso degli anni passati, il Libor a 3 mesi ha toccato un minimo nei pressi dello 0,25%. Se tornasse stabilmente a quei livelli, la cedola media sarebbe inferiore all’1,40% e il rendimento medio annuo non arriverebbe al 2%. A dire il vero, non sarebbe nemmeno in questo caso una percentuale irrilevante di questi tempi per un bond a 5 anni, ma bisogna vedere cosa accadrebbe nel frattempo al dollaro, perché se dovesse deprezzarsi contro l’euro, chiaramente il rendimento effettivo per l’investitore dell’Eurozona sarebbe più basso. In teoria, un cambio euro-dollaro in area 1,20 sarebbe di per sé sufficiente ad azzerare il rendimento e per livelli superiori subiremmo una perdita.

E guardate che con il taglio dei tassi USA, specie se accompagnato da un contestuale rialzo di quelli BCE, questo scenario sarebbe molto concreto, anche perché il cambio euro-dollaro si mostra indubbiamente debole e sarebbe destinato a rafforzarsi nei prossimi mesi e anni. Viceversa, se la Fed allentasse la politica monetaria non a lungo, tornando ad alzare i tassi tra qualche anno, magari prima di quel 2022, quando le cedole saranno legate al Libor, il rendimento delle obbligazioni Hsbc risulterebbe superiore a quel 2% sopra ipotizzato come “floor” e lo stesso dollaro si apprezzerebbe nei confronti dell’euro, sebbene risulti difficile credere che si porti su livelli più alti di quelli odierni.

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In definitiva, se intendiamo investire in queste obbligazioni Hsbc, dovremmo auspicare che la Fed tagli i tassi in fretta, che l’economia americana non abbia bisogno (a lungo) dell’accomodamento monetario, così che tra qualche anno il rialzo dei tassi diventi possibile e con ciò le cedole salgano e il dollaro si apprezzi.

Sarebbe lo scenario migliore, mentre il peggio arriverebbe con l’azzeramento dei tassi a lungo e l’eventuale caduta del dollaro sui mercati valutari, specie contro l’euro.

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