Il mercato delle obbligazioni bancarie è sotto stress in questa fase. L’azzeramento dei bond AT1 di Credit Suisse senza che anche il capitale azionario sia stato azzerato ha fatto scattare l’allarme. Gli investitori temono di rimetterci il capitale acquistando i titoli del debito emessi dalle banche. Ma le emissioni proseguono. Nei giorni scorsi, BNP Paribas ha collocato due nuove obbligazioni “callable”, di cui una denominata in euro e l’altra in dollari. Entrambe sono del tipo “Steepener” per la ragione che vi stiamo per spiegare.

Partiamo dalla prima tranche: scadenza 22 marzo 2027 e cedola fissa del 5% lordo per i primi due anni (ISIN: XS2479682614). In pratica, per ciascuno dei primi quattro semestri l’obbligazionista riceverà un tasso del 2,5% del capitale nominale acquistato. A partire dal quinto semestre fino alla scadenza, cioè per i successivi due anni, la cedola diventa variabile. Essa sarà pari al CMS in euro a 30 anni meno il CSM in euro a 2 anni. Se tale differenza risulterà inferiore allo zero, l’obbligazionista riceverà un tasso pari a zero.

La seconda delle nuove obbligazioni BNP Paribas è stata emessa in dollari. Scadenza 22 marzo 2027 e cedola fissa dell’8% lordo per i primi due anni (XS2484633768). In questo caso, per ciascuno dei primi quattro semestri l’obbligazionista riceverà un tasso del 4%. A partire dal quinto semestre e fino alla scadenza, la cedola diventa variabile. Essa sarà pari al CMS in dollari a 30 anni meno il CSM in dollari a 2 anni. Anche in questo caso, se la differenza risulterà negativa, l’obbligazionista riceverà un tasso pari a zero.

Rischi da tassi di mercato e rimborso anticipato

C’è un’altra condizione a cui prestare la doverosa attenzione. Entrambe le obbligazioni BNP Paribas prevedono date di rimborso anticipato del capitale al 100% del suo valore nominale: l’11 settembre 2025, 11 marzo 2026 e 10 settembre 2026. L’emittente si avvarrebbe della “call” nel caso in cui l’ammontare delle cedole fisse e variabili pagate fino a una delle date indicate risultasse pari o superiore all’11% nel caso dell’obbligazione in euro o al 17% nel caso dell’obbligazione in dollari.

Alle attuali condizioni di mercato, la differenza tra il tasso a 30 anni e il tasso a 2 anni nell’Area Euro è del -0,81%. Ciò è dovuto al fatto che i tassi a lungo termine risultano inferiori ai tassi a breve. Perché? In sintesi, le condizioni monetarie sono diventate restrittive e i tassi a breve le rispecchiano. Ma al contempo le aspettative d’inflazione a lungo termine restano ancorate al target BCE e, pertanto, i tassi a lungo sono tornati ad abbassarsi. Alla fine del 2021, prima che iniziasse la stretta monetaria, la differenza tra il tasso a 30 e 2 anni era positiva all’incirca dello 0,75%.

Venendo alle obbligazioni BNP Paribas in dollari, la differenza tra tasso a 30 anni e tasso a 2 anni sul mercato americano è attualmente del -0,12%. Vale il ragionamento di cui sopra per l’Area Euro. Qui, a fine 2021 tale differenza ammontava a quasi +1,20%. In una prospettiva di taglio dei tassi con il rientro dell’inflazione, dovremmo attenderci un calo dei tassi lungo la curva, ma più accentuatamente sul tratto a breve. Dunque, da qui a qualche anno la curva dei tassi sia nell’Area Euro che negli Stati Uniti dovrebbe tornare ripida. Ciò esiterebbe una differenza positiva tra tassi a 30 e 2 anni.

Obbligazioni BNP Paribas con tetto al rendimento

In generale, questo accade quando l’economia cresce e l’inflazione non è a livelli tali da richiedere aumenti del costo del denaro. E’ evidente che l’obbligazionista si espone qui a un rischio ulteriore rispetto a quello di credito, peraltro relativamente basso. Tale rischio riguarda il futuro andamento dei tassi d’interesse, il quale può rivelarsi contrario alla direzione auspicata o eccessivo, cioè tale da far scattare il rimborso anticipato del bond.

E quante probabilità vi sarebbero eventualmente di vedersi rimborsate le obbligazioni BNP Paribas in anticipo? Considerate che, al netto delle cedole fisse, in entrambi i casi resta a disposizione un margine dell’1% per evitare che scatti la “call”. Se anche risultasse difficile esaurire tale margine alla prima cedola variabile incassata, le probabilità che ciò accada salgono repentinamente per la seconda e la terza cedola variabile. In altre parole, l’emittente ha fissato un rendimento massimo da corrispondere all’obbligazionista: esso sarebbe pari alla cedola fissa più l’1% complessivo in circa 18 mesi. Ed ecco che l’alto tasso inizialmente corrisposto viene a sgonfiarsi, in considerazione delle basse cedole previste dopo il secondo anno.

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