S’intensifica la crisi del mercato dei bond AT1 (Additional Tier1), le obbligazioni subordinate emesse dalle banche. Ieri, le banche tedesche Pfandbriefbank e Aareal Bank hanno reso noto che i rispettivi titoli di questa tipologia non saranno rimborsati alle imminenti date callable fissate. Non vogliono evidentemente rifinanziarsi sui mercati a tassi proibitivi. Una decisione del tutto legittima, perché così prevedono i contratti. Tuttavia, da quando questa categoria di asset a metà strada tra capitale e debito è stata creata dopo la crisi finanziaria mondiale del 2008, in un solo caso non è stato esercitato il rimborso.

Parliamo del febbraio 2019 con la decisione di Banco Santander di non esercitare la call.

Obbligazioni bancarie senza scadenza (certa)

I bond AT1 non hanno scadenza, ma spesso prevedono date alle quali l’emittente può rimborsare il capitale alla pari. Gli investitori sinora hanno sempre ipotizzato il rispetto di tali scadenze, altrimenti correrebbero il rischio di non rientrare mai nel capitale prestato. Sempre ieri, Deutsche Bank ha richiamato un’obbligazione in dollari anch’essa subordinata e in scadenza nel 2028 per 1,5 miliardi. Poco prima, UBS aveva annunciato il riacquisto di due bond cosiddetti “bail-in” in scadenza nel marzo 2028 e marzo 2032 rispettivamente per complessivi 2,75 miliardi di euro. L’aspetto clamoroso è che quei titoli erano stati emessi soltanto una settimana prima.

Perché tutta questa attenzione sui bond AT1? Credit Suisse li ha azzerati per 16 miliardi di franchi senza aver fatto altrettanto con il capitale azionario. Non è stata rispettata la gerarchia delle priorità nell’assorbimento del capitale in caso di salvataggio. In pratica, gli azionisti sono stati parzialmente salvati, mentre gli obbligazionisti subordinati hanno perso tutto. Ma le obbligazioni subordinate, per quanto rischiose, sono un asset class considerata più sicura delle azioni, le quali sono capitale di rischio per definizione.

Bond AT1, mercato sconta mancata call

Malgrado le rassicurazioni delle autorità europee, secondo cui i bond AT1 non verrebbero mai e poi mai nell’Unione Europea azzerati prima delle azioni, il mercato ha perso fiducia.

Ritiene che questi titoli infliggano perdite più alte di quanto sinora stimato. Non c’è solo e tanto il rischio di azzeramento o di sospensione delle cedole a fare restare gli investitori col fiato sospeso. L’esercizio delle call non è più considerato così scontato. Le banche non hanno alcuna convenienza, se non di tipo reputazionale, a indebitarsi sul mercato a tassi superiori a quelli che sborserebbero continuano a pagare gli obbligazionisti subordinati.

Questo significa che nelle fasi di rialzo dei tassi, le probabilità di rimborso dei bond AT1 si riducono. In teoria, è sempre stato così, solo che la fiducia verso questi strumenti era stata fino a pochi giorni fa un po’ eccessiva. Stando così le cose, gli obbligazionisti saranno verosimilmente costretti o a mantenere tali titoli in portafoglio per un periodo più lungo o a rivenderli sul mercato, esponendosi al rischio di quotazione. A rischio vi sono gli investitori istituzionali, dato che i bond AT1 non sono accessibili agli investitori individuali per via del taglio minimo fissato generalmente a 100.000 o 200.000 euro o anche per effetto di un divieto regolamentare a tutti gli effetti.

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