Ieri, il Tesoro ha emesso la prima tranche del nuovo BTp short term con scadenza in data 28 gennaio 2026 (ISIN: IT0005584302). Ha raccolto in tutto 4 miliardi di euro, il massimo della forchetta di 3,5-4 miliardi preventivata alla vigilia. Gli ordini degli investitori sono stati di 5,5 miliardi, pari ad un rapporto di copertura di 1,37. Il prezzo di aggiudicazione è stato di 99,67 centesimi, a fronte di una cedola lorda annuale fissata al 3,20%. Pertanto, il rendimento lordo alla scadenza si è attestato al 3,41%.

Cedola corta a luglio per il nuovo BTp short term

Al collocamento del 25 gennaio scorso, il rendimento esitato era stato del 3,21%.

Tuttavia, esso faceva riferimento al precedente BTp short term con scadenza 29 settembre 2025 (ISIN: IT0005557084). In quel caso, la cedola era del 3,60%. Dunque, il nuovo titolo ha una durata residua attualmente più lunga di quattro mesi. Naturale che offra qualcosa di più. Il nuovo bond staccherà una prima cedola corta il prossimo 28 luglio, pari all’1,336264% del capitale nominale.

Due bond indicizzati, ecco i rendimenti reali

E in asta vi erano anche due bond indicizzati all’inflazione Eurostat per l’Area Euro. Uno è il BTp€i 15 maggio 2029 con cedola reale 1,50% (ISIN: IT0005543803). L’importo offerto è stato di 1 miliardo di euro, anche in questo caso al massimo della forchetta prevista di 0,5-1 miliardo. La domanda è stata di 1,56 miliardi, pari a un rapporto di copertura di 1,56. Il titolo ha esitato un prezzo di 98,91 centesimi, corrispondente a un rendimento reale dell’1,73%.

L’altro indicizzato era il BTp€i 15 settembre 2041 con cedola reale 2,55% (ISIN: IT0004545890) per 500 milioni di euro, anche stavolta l’importo massimo previsto alla vigilia. La domanda è stata di 848,5 milioni per un rapporto di copertura di 1,7. Prezzo di aggiudicazione di 105,33 e rendimento reale del 2,19%.

Dai BTp€i segnali positivi per l’inflazione europea

Teniamo conto che i bond del Tesoro con cedola fissa offrivano sulle medesime scadenze rispettivamente il 3,45% e il 4,25%.

Il differenziale è stato, dunque, intorno all’1,75% nel primo caso e sotto il 2,10% nel secondo. Esso capta il tasso d’inflazione annuo medio atteso dal mercato per l’Eurozona. Evidentemente, gli obbligazionisti si aspettano che i prezzi al consumo nell’unione monetaria crescano sotto il target del 2% della Banca Centrale Europea nel medio-lungo termine, mentre si riportano intorno ad esso nel lungo termine. Un segnale positivo circa il futuro andamento dell’inflazione dopo il boom nel biennio passato.

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