Il Tesoro ha tenuto nella giornata di ieri un collocamento sindacato per l’emissione di un BTp indicizzato all’inflazione europea e con scadenza 15 maggio 2033. L’annuncio era arrivato nel pomeriggio precedente, anticipando a sorpresa un’emissione prevista per il prossimo 23 febbraio e cancellata. La tempistica sarebbe stata determinata dalla volontà di sfruttare il buon momento per i titoli di stato italiani sul mercato, a seguito dell’allentamento delle tensioni politiche interne con la rielezione del presidente Sergio Mattarella.

Gli ordini hanno ammontato a  più di 18 miliardi di euro, mentre l’importo offerto è stato fissato in 5 miliardi, più dei 4 inizialmente previsti.

Il BTp indicizzato all’inflazione europea ha esitato un rendimento a premio di 36 punti base rispetto alla scadenza 2030. Per gli analisti, esso rimpiazzerà proprio quest’ultima. Di fatto, è diventato il nuovo “benchmark” a 10 anni.

BTp indicizzato all’inflazione, i dati

Il cosiddetto BTp€i è un BTp indicizzato all’inflazione dell’Area Euro segnalata dall’Eurostat e al netto della componente tabacchi. Questo significa che le cedole corrisposte su base semestrale saranno aumentate della crescita dei prezzi nell’unione monetaria registrata nel periodo. Il rendimento offerto in fase di collocamento sindacato è stato del -0,138%. Il prezzo di collocamento è stato di 102,703, a fronte di una cedola reale dello 0,10%. Esso si confronta con l’1,39% del BTp 2033 ordinario nelle stesse ore. Considerando che l’inflazione attesa nell’area per il prossimo decennio sia mediamente del 2% stando alla curva swap forward 5y5y, in pratica il rendimento atteso dal nuovo BTp indicizzato all’inflazione sarebbe in area 1,85%. Rispetto alla scadenza ordinaria, riconoscerebbe all’obbligazionista un premio di circa 45 punti base.

In altre parole, il BTp indicizzato all’inflazione risulterebbe leggermente più conveniente dell’omologo con cedola fissa, a meno che le aspettative d’inflazione non si riveleranno più elevate della realtà. Viceversa, se fossero ancora troppo timide, la convenienza a inserire questo nuovo bond in portafoglio diverrebbe più elevata.

Proprio ieri, l’ISTAT pubblicava il dato sull’inflazione italiana a gennaio, salita al 4,8%, ai massimi dal 1996 e in crescita mensile dell’1,6%. Il dato armonizzato con l’indice europeo era ancora più alto: 5,3%. L’Eurostat ha così potuto pubblicare la sua stima preliminare, salita anch’essa al 5,1%, nuovo record per l’Eurozona da quando esiste l’euro.

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