Da pochi giorni è negoziabile sul Mercato obbligazionario Telematico di Borsa Italiana. Il nuovo BTp a 20 anni, scadenza 1 settembre 2043 e cedola 4,45% (ISIN: IT0005530032), è stato emesso dal Tesoro tramite collocamento sindacato solamente la settimana scorsa. L’importo offerto è stato di 7 miliardi di euro, a fronte dei quali le richieste sono arrivate a 26,5 miliardi. Il rendimento alla scadenza esitato è stato del 4,529%, attraverso un prezzo di emissione di 99,606 centesimi. Queste sono, in sintesi, le caratteristiche fondamentali del bond.

Ieri, il BTp a 20 anni si acquistava sul mercato secondario ad una quotazione in area 101,25.

Rispetto al prezzo di emissione, risultava in crescita dell’1,65%. Ma considerate che al suo debutto di venerdì scorso, la quotazione aveva chiuso la seduta a 102,33, cioè a +2,73% dal collocamento. Gli investitori istituzionali che hanno sottoscritto l’emissione hanno potuto teoricamente guadagnare nel giro di qualche giorno. Ma c’è da dire che gli scambi risultano essere ancora molto limitati. In controvalore, appena per 14 milioni di euro attraverso 317 contratti. Ed è normale che sia così. I prezzi dei titoli di stato italiani stanno salendo e chi ha sottoscritto il nuovo BTp a 20 anni vorrà attendere che si portino a livelli allettanti prima di rivenderli.

Ai prezzi di ieri, il rendimento offerto si aggirava a poco meno del 4,35%. Tanto, poco o il giusto? Dipende chiaramente dalle condizioni monetarie del momento. In una fase come questa di rialzo dei tassi d’interesse, i rendimenti sono saliti ovunque e lungo tutta la curva. Ma agli inizi del 2021, il rendimento ventennale in Italia a stento si attestava all’1%. I tassi erano ancora azzerati, negativi sui depositi bancari della BCE. La musica è cambiata repentinamente con il ritorno dell’inflazione come non si vedeva da una quarantina di anni a questa parte in Occidente.

BTp 20 anni e rendimento

Alla luce di un’inflazione italiana all’11,6% a dicembre, possiamo affermare che il BTp a 20 anni offra ancora rendimenti reali estremamente negativi.

Ma ciò sarebbe vero nel caso in cui l’inflazione restasse a questi livelli fino alla scadenza del bond. Per fortuna, nessuno prevede un tale flagello. Anzi, la crescita dei prezzi è attesa stabilizzarsi nei prossimi anni attorno al target BCE del 2%. E questa prospettiva rende il titolo abbastanza redditizio, specie considerato il bassissimo rischio di credito corso dall’investitore.

Cosa accadrebbe se il rendimento si portasse alla sua media storica? Per prima cosa, dobbiamo comprendere quale essa sia. Nell’ultimo decennio, il BTp a 20 anni in Italia ha reso la media del 2,83%. Si tratta dell’1,50% in meno dei livelli attuali. Per capire quanto potremmo guadagnare con un ripiegamento dei rendimenti, dobbiamo introdurre il concetto di “duration” modificata. Sappiamo già che i prezzi di un bond salgono se i rendimenti scendono e scendono se i rendimenti salgono. La “duration” modificata esprime la variazione lungo l’intera curva dei prezzi rispetto alla variazione del rendimento. Per il nuovo BTp a 20 anni, essa è pari a 12,99.

In parole povere, se il rendimento del BTp a 20 anni salisse/scendesse dell’1%, la quotazione scenderebbe/salirebbe del 12,99%. Se il rendimento dovesse tendere alla sua media decennale, di fatto scenderebbe dell’1,50%. E il prezzo salirebbe del 12,99% moltiplicato per 1,5, cioè del 19,50%. Grosso modo, guadagneremmo il 20% con una quotazione che si porterebbe nettamente sopra 120. Ma potrebbe servire più tempo del previsto perché ciò accada. Anzi, teoricamente non esisterebbe alcuna certezza che ciò possa accadere, sebbene nell’arco di un ventennio sia immaginabile che i rendimenti scendano e salgano anche ampiamente, risentendo delle mutate condizioni monetarie.

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