La scorsa settimana, il Regno Unito ha emesso un nuovo bond a 30 anni. Scadenza 22 ottobre 2053 e cedola 3,75% (ISIN: GB00BPCJD997), il prezzo esitato tramite il collocamento sindacato è stato di 100,492, corrispondente a un rendimento lordo alla scadenza del 3,7232%. Questo è risultato a premio di 2,75 punti base o 0,0275% sul Gilt trentennale “benchmark” attuale con scadenza nel 2052. L’importo offerto è stato di 6 miliardi di sterline. Questo stesso bond a 30 anni alla Borsa di Londra quotava in rialzo sopra 101 venerdì scorso, pur in calo rispetto alla prima seduta, al termine della quale prezzava sopra 102.

Il rendimento è sceso nel frattempo in area 3,70%.

Calma dopo caos finanziario

Il bond a 30 anni è stato protagonista degli ultimi mesi nel Regno Unito. Non positivamente, diciamolo subito. Ad ottobre, quando l’allora governo dell’ex premier Liz Truss aveva presentato una manovra di bilancio in deficit, schizzò fino all’apice del 4,78%. I fondi pensione telefonarono in segreto alla Banca d’Inghilterra per chiedere soccorso. E così accadde. Ma Downing Street pagò a carissimo prezzo quel caos finanziario. Truss si dimetteva a sole sei settimane dall’ottenimento dell’incarico. Il suo è stato il governo britannico più breve da qualche secolo a questa parte.

La discesa del rendimento per il bond a 30 anni segnala una forte distensione sul mercato. I fondi pensione sono soliti investire massicciamente su questa scadenza, al fine di offrire ai clienti (futuri pensionati) asset remunerativi e al contempo sicuri. In media, nell’ultimo decennio il Gilt trentennale ha offerto un rendimento del 2,10%. Ma con un’inflazione ancora al 10,5%, la Banca d’Inghilterra ha dovuto alzare i tassi d’interesse già al 3,50%. Probabile che la stretta proseguirà. Questo significa che il mercato dei bond UK resterà sotto pressione per diversi mesi ancora, come d’altronde sta accadendo nel resto del mondo avanzato.

Bond a 30 anni, fattori di rischio

Per coloro che dall’Italia volessero investire nel nuovo bond a 30 anni, c’è l’opportunità di assistere a una risalita dei prezzi nei prossimi anni.

Le scadenze ultra-lunghe si mostrano molto sensibili alle variazioni dei rendimenti sottostanti. Il Gilt 2073, ad esempio, è schizzato dai 34 centesimi di ottobre a un massimo di quasi 57 nemmeno un mese e mezzo dopo: +67%. Da allora, però, segna un calo del 21%. Insomma, sono titoli da maneggiare con cura. Anche perché vi entra un fattore di rischio ulteriore per noi che investiamo in sterline: il cambio.

Negli ultimi mesi, sia euro che sterlina sono risaliti a doppia cifra contro il dollaro. Il cambio tra euro e sterlina, invece, ruota grosso modo attorno a 0,87. L’evoluzione dipenderà dalla divergenza monetaria tra Londra e Francoforte, nonché da questioni ancora sul tappeto come la Brexit. Il governo del premier Rishi Sunak sta muovendosi a favore di un accordo con l’Unione Europea. Solo così potrà ridurre il danno per l’economia britannica che deriva da un’uscita poco ordinata dal mercato unico. E sarebbe una buona notizia anche per i bond domestici, verso cui si riverserebbero capitali freschi per via del minore rischio percepito.

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