Il Tesoro ha annunciato ieri una nuova asta di BTp short term e BTp€i a 30 anni per la giornata del 25 giugno. Le richieste dovranno pervenire entro domani. In particolare, saranno emessi titoli rispettivamente per 2,25-2,75 miliardi e 0,75-1 miliardo. Concentriamoci sul secondo titolo, più allettante sul piano del rendimento potenziale.

Per il BTp€i a 30 anni, scadenza 15 maggio 2051 e cedola reale garantita dello 0,15% (ISIN: IT0005436701), si tratterà della quarta tranche. Parliamo di un bond trentennale agganciato all’inflazione Eurostat.

Allo stato attuale, sul Mercato obbligazionario Telematico di Borsa Italiana si acquista per poco più di 92 centesimi, cioè nettamente sotto la pari. Ciò significa che per investire 1.000 euro nominali ne basterà sborsare sui 922. Il rendimento minimo garantito alla scadenza risulta, pertanto, dello 0,44%.

Poiché il BTp a 30 anni con cedola fissa offre oggi un rendimento dell’1,90%, il differenziale di quasi 150 punti base (1,5%) sarebbe l’inflazione media attesa dal mercato per i prossimi 30 anni nell’Eurozona. Gli scenari possibili a posteriori saranno tre: 1) l’inflazione nell’area risulterà esattamente in linea con le attuali attese segnalate dal BTp€i a 30 anni; 2) l’inflazione media sarà stata superiore alle attese e 3) sarà stata inferiore alle attese.

BTp€i 30 anni, lo scenario migliore

Nel primo caso, nessun problema. Di fatto, l’obbligazionista percepirà un rendimento annuale in linea con quello garantitogli oggi dal BTp a 30 anni con cedola fissa. Se, invece, il mercato sottostimasse l’inflazione futura, il rendimento effettivo risulterebbe superiore a quello previsto. Dunque, avremmo fatto un buon affare a puntare sul BTp€i. Viceversa, se il mercato sovrastimasse l’inflazione da qui ai prossimi 30 anni, il rendimento medio annuale a consuntivo sarà stato inferiore a quello garantito dal bond ordinario di pari durata. Avremmo sbagliato a comprare oggi questo titolo.

Lo scenario migliore sarebbe per noi il seguente: 1) il mercato sottostima il tasso d’inflazione europeo e 2) il tasso d’inflazione medio in Italia sarà inferiore a quello Eurostat.

Perché? In questo caso, l’obbligazionista riceverebbe un rendimento medio annuo superiore all’1,90% lordo offerto dal BTp ordinario e a fronte di una perdita di potere di acquisto inferiore sul territorio nazionale. In altre parole, se i prezzi al consumo nel nostro Paese crescessero dell’1% all’anno e il BTp€i venisse rivalutato al 2%, tanto quanto l’inflazione Eurostat, l’obbligazionista otterrebbe un rendimento reale lordo positivo dell’1% (2% – 1%).

Dal suo debutto sul MoT nel febbraio scorso, il BTp€i ha perso il 2,6%. Nello stesso periodo, il BTp a 30 anni con cedola fissa è sprofondato del 7,3%. Una conferma della migliore performance in questa fase dei titoli agganciati all’inflazione.

[email protected]