Per il mercato obbligazionario mondiale quella in corso è la fase peggiore della sua storia. Perdite per migliaia di miliardi di dollari, a fronte di un aumento dei rendimenti ancora del tutto incompleto. E’ l’impatto della reflazione sui corsi dei bond, precipitati in pochi mesi dai massimi di sempre toccati durante la pandemia. E proprio per sostenere la lotta al Covid, due anni fa Israele emise il suo primo bond a 100 anni, scadenza 3 aprile 2120 con cedola 4,5% (ISIN: US46513JB593) e denominato in dollari USA per l’importo di 1 miliardo.

Bond a 100 anni, quotazione sopra la pari

Nei mesi successivi, Israele si sarebbe messo in mostra per la velocità della sua campagna vaccinale. Contrariamente a quanto sta avvenendo con i bond a 100 anni emessi da paesi come l’Austria, quello israeliano non è affatto precipitato di prezzo sui mercati. Ieri, a Francoforte trattava a 102,5, cioè sopra la pari. E’ vero che nel luglio del 2020 aveva toccato il suo massimo a 144, ma rispetto all’emissione alla pari non vi è stato alcun calo; anzi, persino un modico guadagno.

Ciò è stato possibile grazie all’elevata cedola offerta dal Tesoro di Gerusalemme. Essa sta frenando i cali della quotazione, tenendo alto il rendimento. A questi prezzi, il bond a 100 anni rendeva ieri il 4,37%, vale a dire l’1,58% in più del Treasury a 30 anni. Tuttavia, il collocamento avvenne a premio del 3,29%. In altre parole, lo spread con il trentennale americano si è più che dimezzato in questi due anni. Nel frattempo, poi, il cambio euro-dollaro è rimasto inalterato, per cui possiamo affermare che quanti dell’Eurozona avessero acquistato il bond a 100 anni israeliano due anni fa, adesso potrebbero disinvestire senza incorrere in alcuna perdita, ma al contrario riportando un minimo guadagno in conto capitale e dopo avere intascato cedole lorde per oltre il 9%.

Dati macro positivi per Israele

Israele gode di rating alti da parte delle agenzie di valutazione internazionali: AA- per S&P, A+ per Fitch e A1 per Moody’s.

L’anno scorso, il suo rapporto debito/PIL si è attestato di poco superiore al 70% e il deficit fiscale è sceso al 4,5%. In questi primi mesi del 2022, si starebbe registrando un dimezzamento del disavanzo. Bene anche la crescita economica a +8,1% nel 2021 dopo il -2,4% accusato nel 2020 e con la prospettiva di un +4,4% quest’anno. In altre parole, la solidità fiscale del paese non è in dubbio. La banca centrale ha persino iniziato ad alzare i tassi d’interesse, a fronte di un’inflazione ben minore di quella vigente oramai in Europa e Nord America.

Considerate che il bond a 100 anni dell’Austria offre ancora un rendimento di neppure l’1,80%, pur a fronte di rating superiori e della denominazione in euro. Ad ogni modo, lo spread di circa 255 punti base dovrebbe risultare al momento sufficiente per rendere il titolo secolare d’Israele relativamente attraente.

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