Novità dal Sud America, dove l’Uruguay ha annunciato che emetterà un particolare green bond legato al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale contenuti nell’Accordo di Parigi del 2015. Sarà un’obbligazione strutturata in maniera differente da quelle “verdi” propriamente dette, in quanto i proventi della raccolta potranno essere utilizzati per qualsiasi scopo da Montevideo. Tuttavia, nel caso in cui il cosiddetto Contributo Nazionale Stabilito (CNS) non fosse centrato, il tasso d’interesse del titolo salirà. Viceversa, scenderà nel caso in cui fosse centrato.

Il green bond atipico dell’Uruguay sarà, quindi, con cedola variabile. I dettagli dell’emissione, compresa la scadenza, saranno resi noti agli inizi del nuovo anno. Sappiamo, invece, che l’importo che sarà collocato sul mercato varierà tra 800 milioni e 1 miliardo di dollari. Sulla base del suo CNS del 2017, il paese dovrà ridurre le emissioni di diossido di carbonio del 24%, di ossido nitroso del 48% e di metano del 57% entro il 2020. Il 70% delle emissioni inquinanti del paese deriva dall’agricoltura, di cui i due terzi dagli allevamenti bovini.

Il governo di Montevideo si sta assumendo un rischio politico non secondario con l’emissione del green bond. Tuttavia, se riuscisse nell’intento, potrebbe diventare un riferimento per la regione. In questa fase, in America Latina si torna a parlare di “debt-for-nature swaps” dopo che Colombia e Argentina hanno invocato una loro riesumazione. Strumenti in voga negli anni Ottanta, sono andati gradualmente in disuso, sebbene proprio l’attenzione mondiale per l’ambiente potrebbe ripristinarne la circolazione.

Green bond ante litteram

Gli swaps “debt-for-nature” sono titoli del debito per i quali i creditori concedono la cancellazione parziale del capitale, a patto che il debitore utilizzi i fondi risparmiati per investimenti ambientali. Lo schema è il seguente: il governo X emette un bond da 1 milione di dollari, il creditore Y cancella per ipotesi 200.000 dollari e il debitore X s’impegna a investirne almeno 20.000 dollari nella salvaguardia dell’ambiente.

I proventi investiti non sarebbero altro che gli interessi risparmiati. Nell’esempio appena citato, stiamo supponendo che il tasso applicato sia del 10%.

Questi strumenti possono prevedere tre parti. Oltre al debitore e al creditore iniziale, vi sarà una ONG. Essa rastrellerà sul mercato gli swaps “debt-for-nature” con l’obiettivo di cancellarne una quota e incentivare il governo a impiegare le risorse risparmiate nella difesa dell’ambiente. In un certo senso, i green bond stanno già svolgendo una funzione simile, per quanto i benefici non siano spesso così immediati. Man mano che questo segmento di mercato si sta sviluppando, però, i rendimenti all’emissione diminuiscono, con ciò spingendo i debitori a destinare maggiori risorse nella transizione ecologica. Il rischio di “greenwashing”, comunque, rimane dietro l’angolo.

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