L’Italia dovrà fare progressivamente a meno della Banca Centrale Europea (BCE) per rifinanziare il suo elevato debito pubblico. Da marzo, l’istituto ridurrà di 15 miliardi di euro al mese i riacquisti dei bond in portafoglio. Nel frattempo, i tassi d’interesse continueranno a salire. I rendimenti dei BTp lievitano e il costo di emissione per il Tesoro sale. Da settimane si specula circa la volontà del governo Meloni di emettere un BTp che definiremmo “patriottico”. Obiettivo: attirare una quota più alta del risparmio degli italiani, tenuto conto che la ricchezza finanziaria delle famiglie fosse di 5.256 miliardi alla fine del 2021 e che solo la liquidità tenuta in banca raggiunge i 1.840 miliardi.

Eppure, qualcosa come solo 180 miliardi è stimabile che sia stato investito direttamente in titoli di stato domestici.

Il BTp patriottico assolverebbe alla doppia funzione di garantire per il Tesoro una maggiore domanda interna e ai piccoli investitori nazionali rendimenti sicuri e congrui. La linea di pensiero che vi è alla base considera che la riduzione delle esposizioni verso la finanza internazionale diminuisca i rischi legati allo spread. Insomma, se il debito pubblico lo detenessero gli stessi italiani in maggiori percentuali, la speculazione sarebbe più bassa sui mercati e il costo a carico dello stato diminuirebbe.

Caratteristiche del BTp patriottico

Quali caratteristiche avrà il BTp patriottico? Fermo restando che siamo ancora in fase di studio, il Ministero di economia e finanze retto da Giancarlo Giorgetti penserebbe a uno strumento finanziario del tutto esentasse. Gli investitori non pagherebbero alcuna imposta sui rendimenti, a patto di tenere il titolo dall’inizio alla fine. Se lo rivendessero prima, dovrebbero versare al Fisco le imposte dovute entro 60 giorni. In più, il 30% del valore del capitale sottoscritto sarebbe detraibile in sede di dichiarazione dei redditi.

Affinché il BTp patriottico diventi allettante, dovrebbe avere una durata di 5 e massimo 10 anni.

Non sarebbe vendibile allo scoperto, cioè non potrebbe essere usato per speculare al ribasso. E offrirebbe ai possessori una cedola agganciata al PIL nominale italiano. Un meccanismo simile lo abbiamo visto in questi anni con il lancio dei BTp Futura. In altre parole, se l’economia italiana andasse bene, gli investitori sarebbero remunerati con la corresponsione di una cedola più alta. Infine, metà del capitale versato potrebbe essere utilizzato dall’investitore come garanzia per il caso di richiesta di prestiti alle banche.

Possibili rischi da emissioni

Non è la prima volta che il governo si fa stuzzicare dall’idea di un BTp patriottico. Effettivamente, molti italiani non investono nel debito pubblico per paura o per ignoranza. E finisce che i nostri conti pubblici restino in balia degli speculatori internazionali che ci prestano il denaro. Tuttavia, tale ipotesi presenta anche alcuni rischi. Il primo riguarda la durata delle emissioni. Mentre gli investitori istituzionali sono soliti prestare denaro anche a lunghissima scadenza (30, 50 anni), le famiglie si concentrano sul tratto medio-breve della curva. Ergo, puntare su questi strumenti accorcerebbe la durata media del debito.

Un secondo rischio riguarda la capacità effettiva del BTp patriottico di attirare capitali. In media, i BTp Italia sono stati sottoscritti per poco più di una decina di miliardi a ogni emissione. E gran parte di tale valore è dato dalle sottoscrizioni degli istituzionali. Quanto ai BTp Futura, le quattro emissioni tra il 2020 e il 2021 hanno raccolto appena 20,6 miliardi, la media di poco più di 5 miliardi ciascuna. E ciò, malgrado le condizioni di apparente favore offerte. E arriviamo all’ultimo rischio: per ingolosire le famiglie, lo stato arriverebbe a spendere di più tra interessi, detrazioni fiscali e mancata imposizione sui rendimenti, a fronte di una raccolta modesta.

Sarebbe sbagliato puntare sul BTp patriottico? Niente affatto, se considerato uno strumento in più per mettere a disposizione del mercato una maggiore offerta.

Sbagliato sarebbe considerarlo un’alternativa ai capitali dei grandi investitori stranieri. Genererebbe altresì la sensazione errata di poter fare a meno della disciplina fiscale per l’assenza di speculazione sui mercati. E sulla necessità di tenere la barra dritta Giorgetti si è espresso nei giorni scorsi.

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