Cosa farà la Federal Reserve la prossima settimana? Per gli investitori alzerà i tassi d’interesse di un altro 0,25% al 5%. Ma con ogni probabilità, sarà l’ultima stretta monetaria prima del taglio dei tassi atteso già per questa estate. Lo dicono i dati di CME Group, principale gruppo di negoziazione di contratti derivati. Giovedì scorso, la Banca Centrale Europea (BCE) ha alzato i tassi di altri 50 punti base o 0,50%, portando quelli di riferimento al 3,50% e sorprendendo i mercati, che si aspettavano una stretta di 25 punti dopo il caos finanziario seguito ai crac bancari.

Il mercato, comunque, manda segnali molto chiari: le banche centrali saranno costrette presto ad alzare bandiera bianca. Guardate i due grafici di sotto, che captano l’andamento dei bond a 2 anni negli Stati Uniti e in Germania:

Treasury a 2 anni Bund a 2 anni

Fino a pochi giorni fa, cioè prima che fallissero due banche americane e che Credit Suisse collassasse in borsa, il T-bond a 2 anni superava il rendimento del 5%. E il Bund a 2 anni culminava a quasi il 3,35%. La scadenza biennale riflette le condizioni monetarie. Poiché i tassi FED sono al 4,75% e attesi salire al 5%, mentre i tassi BCE sui depositi bancari erano al 2,50% e attesi al 3%, di fatto i rendimenti di mercato segnalavano che le principali banche centrali fossero ancora dietro la curva. In particolare, i titoli tedeschi prospettavano un rialzo dei tassi di almeno un terzo di punto percentuale sopra i livelli a cui la BCE ha portato il costo del denaro con il board di questo giovedì. E i titoli americani stavano di poco sopra i livelli a cui molto probabilmente i tassi FED saliranno tra pochi giorni.

Verso taglio dei tassi

A seguito delle forti tensioni finanziarie, però, il T-bond a 2 anni è crollato a poco più del 4% e il Bund al 2,45%. Allo stato attuale, i rendimenti americani prospettano un taglio dei tassi nel breve termine dello 0,75% dai livelli vigenti e i rendimenti tedeschi dello 0,50%.

Non solo, quindi, non esiste più alcuna attesa di rialzo dei tassi, ma al contrario il mercato scommette sulla direzione opposta. Le banche centrali si troverebbero ormai davanti alle rispettive curve delle scadenze. E quando ciò accade, o rimediano iniziando a tagliare i tassi o finiscono per provocare instabilità finanziaria e recessione economica.

E la lotta all’inflazione? Christine Lagarde, governatore della BCE, ha spiegato in conferenza stampa che non esiste alcuna alternativa tra difesa della stabilità dei prezzi e difesa della stabilità finanziaria. Ha assicurato che al momento non s’intravede alcuna crisi di liquidità nell’Eurozona. Il non detto è più crudo: la lotta all’inflazione dovrà cedere il passo alla difesa della stabilità finanziaria. Senza quest’ultima, si rischia di passare dall’inflazione a due cifre alla deflazione in un contesto di depressione economica.

Molto più concretamente, ci penserà la crisi in vista sui mercati a piegare l’inflazione. Come? A colpi di “credit crunch”. Perché va da sé che le banche non presteranno denaro a imprese e famiglie, dovendosi concentrare sul rafforzamento del proprio capitale. E senza liquidità, le economie si avviteranno su sé stesse. I consumi si ridurranno, gli investimenti saranno rinviati e la minore domanda interna aggregata sgonfierà i prezzi al consumo esplosi nell’ultimo anno.

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