Sono giorni movimentati dentro la BCE. Da qualche settimana, i rendimenti dei bond nell’Eurozona stanno seguendo il trend globale, risalendo decisamente rispetto ai livelli di qualche mese fa. Il decennale tedesco, tanto per fare un esempio, è passato dal -0,64% di dicembre al -0,25% di ieri, il livello più alto da 13 mesi. In un certo senso, il mercato obbligazionario dell’area si starebbe riportando alle settimane immediatamente precedenti all’arrivo del Covid.

Il governatore Christine Lagarde ha messo in guardia, nel corso di questa settimana, che monitorerà da vicino “l’evoluzione dei rendimenti dei bond“, così che le condizioni monetarie nell’Area Euro restino favorevoli alla ripresa dell’economia.

Ieri, le ha fatto parziale eco il componente esecutivo del board, la tedesca Isabel Schnabel, le cui posizioni sono meno da “colomba” e più da “falco” di quelle ufficiali della BCE. La donna ha dichiarato che l’istituto non consentirà “grossi rialzi dei rendimenti reali“. Si è mostrata anche ottimista circa la ripresa economica, con il PIL nell’Eurozona atteso ai livelli pre-Covid per metà 2022.

La BCE “monitora con attenzione l’evoluzione dei rendimenti a lungo termine”

Le implicazioni del dibattito in corso

Qual è la differenza tra le dichiarazioni di Lagarde e quelle di Schnabel? La prima ha fatto intendere che Francoforte non accetterà che i rendimenti continuino a salire, anche implicitamente ipotizzando un potenziamento degli stimoli monetari già messi in campo. La seconda si concentra sul livello reale dei rendimenti, cioè tenuto conto dell’inflazione. Non parliamo di una differenza formale e di poco conto. Ad esempio, in Germania l’inflazione è schizzata dal -0,2% di dicembre al +1% di gennaio. Nell’Eurozona, è passata dal -0,3% al +0,9%. Dunque, il rialzo dei rendimenti nominali di queste settimane è stato ben meno proporzionale, ragione per cui i rendimenti reali sovrani nell’area sono diminuiti, anziché aumentare come supporremmo guardando solamente all’andamento del mercato.

Qual è stato il senso di questa dichiarazione di Schnabel? Di frenare la smania di rendere ancora più accomodante la politica monetaria della BCE. E ciò risulta coerente con l’impostazione tradizionale tedesca.

Ma c’è una conseguenza che deriva da questa affermazione: se l’istituto monitorerà i rendimenti reali più che quelli nominali, allora i bond del Sud Europa sembrano posizionato per un ulteriore restringimento dei suoi spread. Prendete i BTp. La scadenza a 10 anni offriva ieri lo 0,36% reale (0,76% nominale), un dato che si confronta con il -1,25% del Bund di pari durata e superiore allo 0,70% esibito a fine dicembre scorso. Dunque, i rendimenti reali si mostrano sostanzialmente stabili o persino in leggera risalita in Italia, mentre continuano ad arretrare in Germania. Sarebbe come se lo spread nei fatti stesse allargandosi tra i due paesi. Da qui, la possibile conseguenza per la quale la BCE potrebbe voler evitare che i rendimenti reali tra gli stati dell’Eurozona divergano eccessivamente. Come? Concentrando i suoi acquisti su bond come i BTp e meno sui Bund. In questo modo, la frammentazione verrebbe meno e gli spread nominali tra Italia e Germania si ridurrebbero ulteriormente dopo essere già scesi sotto quota 100.

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