Un bilancio pesantissimo per azioni e obbligazioni Wirecard in appena due sedute. Il titolo in borsa è crollato dell’80% tra giovedì e venerdì della scorsa settimana, dopo che il revisore Ernst & Young non ha certificato il bilancio del colosso tedesco dei pagamenti elettronici, sostenendo di non essere stato in grado di risalire a 1,9 miliardi di euro di accantonamenti, che in teoria sarebbero stati depositati presso due banche asiatiche, ma che la stessa dirigenza della società ha dovuto ammettere che probabilmente non sarebbero mai esistiti.

Scandalo Wirecard: azioni crollate, spariti 2 miliardi e una giovane si è arricchita

Anche le obbligazioni sono letteralmente precipitate e potrebbero continuare a cadere anche oggi, alla riapertura delle contrattazioni. Moody’s le ha declassate a “B3”, ben sei gradini sotto il livello minimo di “investment grade”. Lo scorso anno, quando Wirecard aveva proceduto alla loro emissione, il giudizio dell’agenzia era stato “Baa3”, l’ultimo gradino dell’area “investment grade”.

Il bond in questione è quello in scadenza l’11 settembre del 2004 e cedola 0,50% (ISIN: DE000A2YNQ58), il cui ammontare nominale è di 500 milioni di euro. Mercoledì scorso, quotava in area 83-84 centesimi sia alla Borsa di Berlino che a quella di Lussemburgo, mentre due giorni dopo, al termine della seduta, precipitava rispettivamente sopra 36 e a 26,60 centesimi, perdendo così fino a oltre i due terzi del suo valore. In questo secondo caso, il rendimento risulta essere esploso a oltre il 67%. Di fatto, spendendo meno di 27 euro si porta a casa un bond che tra poco più di 4 anni verrebbe rimborsato a 100 e che nel frattempo avrà staccato cedole annuali, le quali rapportate all’investimento ammonterebbero a quasi il 2%.

S’impenna il rischio default

Il rischio default è considerato in forte crescita, se è vero che i “credit default swaps”, i titoli che assicurano proprio contro questo evento, alla fine di maggio costavano meno di 20 punti base e venerdì scorso risultavano a quota 73.

Il problema riguarda la possibile fuoriuscita dei “big” dal capitale, tra cui fondi di peso come Vanguard e BlackRock, che nei fatti decreterebbe la fine dell’esperienza Wirecard dopo oltre 20 anni. E 2 miliardi rischiano di dover essere immediatamente restituiti alle banche, qualora ne facessero richiesta.

Infine, resta da capire cosa deciderà Softbank, che nel 2019 aveva acquistato per intero un bond convertibile emesso dalla tedesca per 900 milioni e che allo stato attuale equivarrebbe ad appena 185 milioni, qualora fosse convertito in azioni. Dunque, l’istituto giapponese opterebbe certamente per restare nella posizione di creditore, ma così facendo si aggraverebbe la posizione finanziaria di Wirecard, anche perché dopo quanto accaduto nessuna banca vorrà più aprirle i rubinetti della liquidità.

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