Il 2023 è stato l’anno in cui la Repubblica di Turchia, fondata da Mustafa Kemal o Ataturk, ha compiuto 100 anni. E il presidente Recep Tayyip Erdogan è stato rieletto a maggio per altri sei anni, dando il via a una inversione ad U per la politica economica. Questa svolta ha segnato uno spartiacque per il mercato dei bond turchi. I prezzi erano stati in calo fino a maggio, ma dopo avere toccato i minimi sono rimbalzati molto velocemente, trainati dal cambio di politica monetaria e fiscale.

Il nuovo governatore ha alzato i tassi di interesse dall’8,50% al 42,50%, al contempo svalutando la lira turca di circa un terzo al tasso di cambio di 30 contro 1 dollaro.

Boom dei prezzi dalle elezioni di maggio

In questo fine anno, è tornata un po’ di tensione sul mercato dei bond turchi dopo la decisione del governo di aumentare il salario minimo legale di un altro 49% rispetto a luglio e del 100% su base annua a 17.002 lire, circa 525 euro al mese. C’è il timore che l’inflazione, salita al 62% a novembre, possa non rallentare la corsa e impattare negativamente sui prezzi obbligazionari.

Dicevamo, annata da incorniciare per gli investitori che hanno inserito in portafoglio bond turchi in dollari. La scadenza 19 gennaio 2033 e cedola 9,375% (ISIN: US900123DG28) è salita da una quotazione di 98 centesimi a sopra 113, segnando una crescita del 15,6%. Ad essa si aggiunge l’interesse cedolare, portando il rendimento complessivo sopra il 25%. La scadenza 11 maggio 2047 con cedola 5,75% (ISIN: US900123CM05) è salita da 68 a 78 centesimi. Il rendimento in un anno è stato intorno al 23%.

Bond turchi in lire opportunità?

Di recente, il governatore Hafize Gaye Erkan, prima donna a guidare l’istituto, ha fatto appello agli investitori stranieri per acquistare bond turchi in valuta locale. Ella ha fatto presente che gli attuali rendimenti sono eccezionalmente alti e che probabilmente tra un anno risulteranno già più bassi.

In effetti, sul tratto medio-breve della curva arrivano al 40% per stabilizzarsi al 25% sul tratto lungo. Tuttavia, le incognite persistono. La volatilità del cambio non favorisce un ritorno dei capitali esteri su questo mercato, letteralmente ridotti al lumicino dopo il boom nel decennio passato.

Prima di tornare a puntare sui bond turchi in lira, gli investitori vorranno verificare una discesa costante dell’inflazione associata alla stabilizzazione del tasso di cambio. E questo non avverrà verosimilmente da qui ai prossimi mesi, quando l’inflazione dovrebbe accelerare ulteriormente per effetto della maxi-svalutazione della lira, tra l’altro ancora non del tutto implementata. Ecco perché i titoli in dollari restano i più allettanti: consentono di esporsi alla Turchia senza assumersi il rischio di cambio. Gli stessi turchi lo trovano un modo conveniente per proteggere il potere di acquisto dal collasso valutario e dal boom dei prezzi al consumo.

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