Il board della BCE di giovedì scorso ha alzato i tassi d’interesse dello 0,75%, mai così tanto nella storia dell’istituto. I tassi di riferimento salgono a 1,25%, ai massimi da oltre un decennio. Nel commentare la decisione in conferenza stampa, il governatore Christine Lagarde ha spiegato che non vi è stata alcuna novità circa lo scudo anti-spread, il cui varo ufficiale era avvenuto con il precedente board di luglio. Il TPI (Transmission Protection Instrument) consiste in un piano di acquisti di titoli di stato oggetto di speculazione, condizionato, limitato e non automatico.

Non è esattamente quello che serviva per dissuadere i mercati dal vendere BTp, in particolare. Lo spread tra i nostri bond e i Bund resta intorno ai 230 punti base, il livello più alto nell’Eurozona dopo quello della Grecia. E, soprattutto, malgrado la BCE stia intervenendo da mesi con acquisti mirati e vendite contestuali di Bund, titoli olandesi e Oat francesi nell’ambito dei reinvestimenti con il PEPP.

Alla BCE sanno che, se lo spread BTp-Bund continuasse a salire e si dirigesse magari verso i 300 punti base, l’attivazione dello scudo anti-spread sarebbe una questione di tempo. Ma a parte essere un tema divisivo – i “falchi” del Nord Europa alzerebbero gli scudi e pretenderebbero di imporre condizioni severe all’Italia – sarebbe una sconfitta implicita per Lagarde.

Scudo anti-spread, da Draghi a Lagarde

Che il confronto con Mario Draghi non abbia mai retto, è cosa risaputa. Nell’estate del 2012, mentre infuriava la crisi dei debiti sovrani e i mercati scommettevano sulla fine dell’euro, l’allora governatore promise di fare “tutto quello che servisse” per difendere la moneta unica, aggiungendo: “credetemi, basterà”. E i mercati gli credettero, se è vero che fu sufficiente pronunciare il “whatever it takes” per spegnere la speculazione.

Il fatto curioso è che nessuno tra i fondi speculativi osò più testare le reali intenzioni di Draghi.

Egli risultò così credibile da non renderlo necessario. Il suo scudo anti-spread, noto come OMT, rimane ad oggi uno strumento inutilizzato. Lagarde non appare ugualmente convincente. La donna è incline alle gaffe. Come dimenticare il suo disastroso “non siamo qui a restringere gli spread”? Era il 12 marzo del 2020. Andate a vedere come chiusero quel giorno le borse europee.

Se l’attivazione del TPI si rendesse necessario, sarebbe un’ammissione di scarsa credibilità per l’istituto. La figura di Lagarde ne uscirebbe a pezzi. Anche per questo Francoforte cerca di sostenere i BTp a colpi di ingenti acquisti all’interno del perimetro del PEPP. Prima di arrivare eventualmente allo scudo anti-spread vero e proprio, deve essere chiaro che sia stato fatto tutto il necessario per evitarlo. Ma il problema di fondo resta uno: parafrasando Don Abbondio, “uno se la credibilità non ce l’ha, non se la può dare”.

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