Dopo il boom del 2020, mi conviene continuare a investire sul mercato obbligazionario o dovrei puntare l’attenzione su un altra “asset class”? E, soprattutto, in che modo sarebbe opportuno investire sui bond? Saranno le domande principali che molti di voi vi starete ponendo. Questa fase lascia un po’ frastornati. Da un lato le obbligazioni hanno corso fin troppo, dall’altro lo hanno fatto pure le azioni negli ultimi mesi e spesso il rapporto di interi indici tra prezzi e utili si mostra elevatissimo, segno che i titoli sarebbero perlopiù iper-comprati.

Quando investite nei bond, dovete per prima cosa capire quale grado di rischio volete assumervi. Se basso, inevitabilmente dovrete accontentarvi di rendimenti molto contenuti. Oggi come oggi, per non rimetterci il capitale dovreste quanto meno puntare sulle scadenze lunghe. Nel caso dei titoli di stato, non è detto neppure che sia sufficiente. Con qualche rischio in più, invece, potreste inserire in portafoglio titoli più redditizi, sia governativi che corporate, sia restando in patria o in Europa, sia spostandosi sui mercati emergenti. Ma se acquistate bond denominati in valuta estera, dovrete tenere in conto anche del rischio di cambio.

Non è detto che un titolo “sicuro” non possa offrire soddisfazioni. Dipende da come varieranno i prezzi e se siete investitori “cassettisti” o speculativi. Nel primo caso, l’unica vostra preoccupazione sarà che l’emittente paghi alla scadenza, nel secondo che i prezzi si muovano nella giusta direzione dopo l’acquisto. Ad esempio, il BTp 2067 ha guadagnato circa il 21,5% nell’ultimo anno. E al netto delle cedole.

Speculare sul mercato con un bond ad alto rischio

Fondo o ETF?

Ma acquistare direttamente il singolo bond o un paniere di bond rappresenta spesso forse il maggiore rischio. Significa impiegare la liquidità in un investimento poco diversificato e dover seguire maniacalmente l’andamento sui mercati per evitare di accusare perdite.

La soluzione alternativa preferibile sarebbe quella di un fondo obbligazionario. Pagando le dovute commissioni, esso vi consente di partecipare al trend del mercato senza che dobbiate preoccuparvi in prima persona quotidianamente cosa acquistare o rivendere. Ve ne sono di diversi tipi: da quelli che investono solo sui bond con rating medio-alti a quelli che puntano sui bond con rating di bassa qualità e per questo tendenzialmente più remunerativi. Ma in questo secondo caso, c’è una rilevante differenza che lo facciate voi o vi affidiate a un fondo: quest’ultimo ha le conoscenze e la professionalità per valutare al meglio quando eventualmente uscire dal mercato, minimizzando i rischi.

C’è un’altra soluzione ancora: l’ETF. L’acronimo sta per “Exchange Traded Fund” e si differenza da un fondo ordinario per il fatto che si limiti a replicare l’andamento degli assets sottostanti. Ad esempio, se un ETF investe su un indice di bond in euro con rating “non investment grade”, esso non cercherà di battere il mercato, ma semplicemente offrirà ai clienti i risultati esitati dalle obbligazioni inserite in portafoglio, siano essi negativi o positivi. Il vantaggio principale sta nei costi, essendo la gestione di gran lunga più semplice di quella di un fondo d’investimento ordinario. Lo svantaggio è che non protegge dall’eventuale trend negativo dei titoli sottostanti.

Fondo o ETF, ad ogni modo avrete l’opportunità di differenziare l’investimento anche con una liquidità relativamente scarsa e di scegliervi il tipo di obbligazioni su cui puntare, ma senza la noia e la fatica di dover scegliere in prima persona quali. Chiaramente, l’ultima differenza la faranno le commissioni. Non sono tutte uguali né nella loro entità, né nella loro modalità di applicazione. C’è chi impone solo una “fee” d’ingresso, chi all’atto del disinvestimento, chi prevede commissioni annuali e chi anche di performance.

La convenienza dipende anche dall’obiettivo che volete darvi con l’investimento, tra cui l’orizzonte temporale.

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