Cosa ci sarebbe di peggio in questa fase di un business nel comparto petrolifero? Le quotazioni internazionali restano dimezzate rispetto ai livelli di apertura di quest’anno e non possiamo escludere nuovi crolli, qualora i “lockdown” dovessero essere reimposti in una o più economie avanzate. Sta di fatto che oggi, le obbligazioni di Pemex, la compagnia petrolifera messicana formalmente denominata Petroleos Mexicanos, si mostrano allettanti dopo essere sprofondate tra marzo e aprile. Il colosso ha chiuso il primo trimestre con una maxi-perdita di 23,6 miliardi di dollari, anche se per l’80% dovuta a fattori contabili.

Ormai, è un emittente speculativo, con le agenzie di rating ad averne declassato il debito a “Ba2” (Moody’s), “CCC+” (S&P) e “BB-” (Fitch”).

Bond di Pemex in caduta libera, con la crisi del petrolio arriva il rischio “downgrade”

Gravata da oltre 105 miliardi di dollari di debiti alla fine dello scorso anno, di cui in scadenza entro il 2024 ne arriveranno 30, pensate che il suo decennale, emesso solamente nel settembre scorso, è crollato da circa 110 a poco più di 68 centesimi a marzo, ma da allora è risalito quasi alla pari, segnando un incremento del 23%. E così hanno fatto tutti gli altri titoli della compagnia. Il trentennale si è quasi dimezzato di prezzo, scendendo da oltre 112 a 65 centesimi, ma ieri già stava sopra gli 80.

Queste obbligazioni hanno il pregio di essere denominate in dollari, cioè una valuta forte, di offrire rendimenti altissimi e al contempo ottime prospettive di guadagno immediato con la graduale normalizzazione dell’attività produttiva nel mondo dopo l’emergenza Coronavirus. L’elevato rischio di default insito nelle valutazioni delle agenzie di rating si scontrano con la volontà politica di proteggere la compagnia, essendo un asset prezioso per l’economia e i conti pubblici del Messico, anche se ciò significherebbe impattare negativamente su questi ultimi, il cui rating risente delle incertezze proprio del futuro di Pemex.

Obbligazioni Pemex, prezzi e rendimenti

Ieri, il quinquennale con cedola fissa 5,50% e scadenza 24 febbraio 2025 (ISIN: XS0213101073) rendeva il 5,95%, quasi il quintuplo di un nostro BTp a 5 anni. E il “callable” gennaio 2027 e cedola 6,49% (ISIN: USP78625DW03), quotando in area 88 centesimi (+23% dai minimi di inizio aprile), offriva il 9,44%. E arriviamo al decennale: scadenza 23 gennaio 2030 e cedola 6,84% (ISIN: USP78625DX85) con quotazione in area 84,50 centesimi, in rialzo anch’esso del 23% dai minimi di inizio aprile, per un rendimento lordo annuo del 10%. Infine, il trentennale con scadenza 23 gennaio 2030 e cedola 7,69% (ISIN: USP78625DY68), che in circa un mese e mezzo ha segnato un +24%, salendo sopra gli 80 centesimi. Ieri, rendeva il 10,30%.

Obbligazioni Pemex 2027, 2030 e 2050: investimento allettante, ma con molti rischi

Il rischio di cambio, dati i livelli di rendimento segnalati, appare marginale per un investitore dell’Eurozona. Le alte cedole tendono a frenare la caduta dei prezzi in uno scenario non estremo, come si è verificato in questi mesi con la pandemia, mentre i forti recuperi delle ultime settimane lasciano intravedere ulteriori grossi margini di guadagno con la ripresa dell’economia globale. Trattasi, cioè, di titoli che tenderanno un po’ tutti a portarsi alla pari o anche sopra di essa, tornando ai livelli pre-crisi. Difficile che il Messico abbandoni Pemex nell’ora più buia, per cui la scommessa si mostra interessante sotto il profilo rendimento/rischio.

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