Un lettore ci chiede quale sarebbe il migliore mercato obbligazionario tra Brasile e Turchia, avendo un’inclinazione quasi naturale ad investire in bond. Abbiamo deciso di rispondergli, attraverso una breve analisi dei dati macroeconomici di entrambi i paesi emergenti. Iniziamo dalla Turchia, l’economia più a noi vicina geograficamente tra le due. Quest’anno, la lira turca ha perso il 9% contro il dollaro, portandosi ai nuovi minimi storici di 6,50. Nel frattempo, il rally sovrano è cessato dalla fine di gennaio, rispetto al quale i rendimenti decennali sono aumentati di 160 punti base e quelli biennali di 130.

Venerdì scorso, si attestavano rispettivamente al 13,40% e all’11,14%.

Fuga dalla Turchia: ecco tutte le ragioni per stare alla larga dal debito di Ankara

La Turchia sta risentendo della crisi mondiale scatenata dal Coronavirus e il governo per ravvivare l’economia ha varato un piano di stimoli fiscali da 15,4 miliardi di dollari, circa il 2% del pil. Improbabile che basti, anche perché non si potrà fare più affidamento sulla leva monetaria, già utilizzata ben oltre il dovuto. I tassi sono stati abbassati di 100 punti base al 9,75% la settimana scorsa, quando l’inflazione a febbraio era salita al 12,37%. Dunque, i tassi reali sono nettamente negativi e questo rappresenta un grosso problema per lo stesso obbligazionario turco, in quanto i capitali tendono a defluire, attratti da mercati con rendimenti reali più solidi.

In effetti, quando i tassi d’interesse sono negativi in termini reali, il cambio si deprezza e ciò allontana gli investitori, i quali scontano possibili perdite sui capitali impiegati. Del resto, sappiamo tutti da anni che il presidente Erdogan impedisce alla banca centrale di perseguire una politica monetaria appropriata, puntando sui bassi tassi per sostenere gli investimenti e i consumi interni. Ma nemmeno la lira debole sarà in grado nel breve di far rifiatare le imprese con maggiori esportazioni, perché i principali mercati di sbocco della Turchia, essenzialmente l’Europa, versa in condizioni economiche critiche.

I due mercati a confronto

Dall’altra parte del mondo, le cose non si mettono nemmeno granché bene. Il real brasiliano ha perso ben il 20% quest’anno contro il dollaro, salendo a un cambio di 5, il nuovo minimo storico. I rendimenti stanno anche qui esplodendo lungo la curva delle scadenze, con il bond a 10 anni a offrire 255 punti base in più dalla metà di febbraio e quello a 2 anni +140 da inizio mese, rendendo rispettivamente più del 9% e del 5,50%. A febbraio, l’inflazione è scesa al 4%, ma settimana scorsa la banca centrale ha tagliato i tassi di mezzo punto al 3,75%. Questo significa che anche il Brasile ha ormai tassi reali negativi, pur di poco. Le prospettive macro stanno deteriorandosi decisamente. Non solo si teme una dura calo del pil nel trimestre in corso, ma il crollo del real peserebbe sulla dinamica dei prezzi, riflettendosi sulle aspettative d’inflazione e scoraggiando gli investitori a comprare bond con cedole fisse.

I rendimenti in Brasile rialzano la testa, festa finita sui mercati

Nessuno dei due mercati emergenti sembra in buone condizioni, ma ci sono alcune differenze rilevanti. La prima è che sul piano geopolitico il Brasile è messo molto meglio della Turchia. Amico dell’America e di tutto l’Occidente, non ha situazioni di tensione con qualche stato. Inoltre, la sua politica economica si mostra più appropriata sotto Jair Bolsonaro rispetto ad Ankara, specie con riguardo all’indipendenza della banca centrale, anche se bisogna ammettere che il debito pubblico brasiliano sia molto più alto di quello turco, di per sé poco preoccupante. E resta il fatto che oltre un quinto delle esportazioni brasiliane si hanno verso la Cina, epicentro del Coronavirus, mentre USA, Germania, Olanda, Argentina, Giappone, Messico e India sono i rimanenti mercati di sbocco principali, tutti in rallentamento o apertamente in crisi.

In definitiva, né Brasile e né Turchia si mostrano appetibili in questa fase, anche se il primo offrirebbe maggiori garanzie sul piano geopolitico e della conduzione della politica monetaria. Entrambi, però, approfitterebbero del crollo delle quotazioni petrolifere per ridurre il peso delle importazioni, migliorando le rispettive bilance commerciali da un lato e disinflazionando le due economie dall’altro. E questo deporrebbe a favore dei due tassi di cambio, ma con il Brasile ad avere oggi tassi d’interesse più in linea con i fondamentali rispetto alla Turchia, dove il taglio è stato troppo veloce e mercato negli ultimi mesi. E non fatevi ingannare dal minore indebolimento della lira, perché il suo tasso è manovrato dalla banca centrale con controlli dei capitali sempre più stringenti, altro rischio che depone a sfavore di un investimento a cuor leggero nel paese.

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