Si tiene oggi il primo board dell’anno per la Banca Centrale Europea (BCE). Gli analisti scommettono su un rialzo dei tassi d’interesse di un altro 0,50%. Se confermato, i tassi di riferimento saliranno dal 2,50% al 3%. Il costo del denaro si farà ancora più oneroso e ciò dovrebbe ridurre la massa dei prestiti sul mercato del credito, favorendo l’ulteriore discesa dell’inflazione nell’Eurozona. A gennaio, è risultata in calo all’8,5% dal 9,2% di dicembre. Per gli eurobond, una buona notizia.

Non ci sono state variazioni vistose a seguito della pubblicazione del dato, ma lo spread è rimasto in area 185 punti base e il decennale italiano sotto il 4,25%.

Verosimile non solo che oggi la BCE alzi i tassi di un altro mezzo punto percentuale, ma anche che il governatore Christine Lagarde mostri i muscoli in conferenza stampa. Il linguaggio dovrebbe restare “hawkish”, vale a dire improntato a rimarcare i rischi di un’alta inflazione persistente e la volontà dell’istituto di combatterla. I mercati reagiranno di conseguenza, con cali per i prezzi di azioni ed eurobond. Gli spread si allargheranno e così sarà per settimane. Salvo sorprese.

Tuttavia, ciò non muterebbe di una virgola il senso di quanto stia accadendo. L’inflazione sta scendendo in misura vistosa, seppure rimanendo alta e con rischi all’orizzonte dal mercato dell’energia. I paesi europei dovranno rimpinguare le scorte di gas dopo la primavera e l’embargo sui prodotti petroliferi russi dal 5 febbraio crea più di un’apprensione per il possibile impatto sulle quotazioni del Brent. Al di là di eventi non prevedibili, è chiaro che il rialzo dei tassi BCE sta già dispiegando i suoi effetti. I tassi reali dopo oggi saliranno al -5,5%. Assurdamente ancora infimi, ma erano al -8,6% a ottobre.

Eurobond attirano investitori retail

I mercati anticipano sempre i tempi, guardano avanti.

Crollarono nel corso del 2022 in previsione proprio della stretta monetaria globale e stanno recuperando a inizio 2023 scontandone la fine. Che nell’Eurozona avvenga a marzo o aprile, importa poco. Quanto al quantitative tightening, è stato già somatizzato e si riflette nei prezzi degli eurobond. Ad attenuare lo spread tra BTp e Bund, poi, vi è anche il miglioramento delle prospettive economiche per l’Italia. Perché è vero che il debito pubblico italiano è sostenibile fintantoché i rendimenti resteranno sotto controllo, ma anche in uno scenario di crescita del PIL.

L’inflazione continuerà a scendere nei prossimi mesi. L’unico cruccio riguarda fino a quale livello. Il timore che non si torni presto alle percentuali pre-Covid è diffuso. Ciò impedirebbe alla BCE di tagliare nel medio periodo i tassi a zero. E non sarebbe un male. Gli eurobond hanno offerto rendimenti nominali francamente ridicoli negli anni passati. Hanno così allontanato il mercato retail per essere oggetto di compravendite solo degli investitori istituzionali. E nel caso dell’Italia, paradossalmente ciò ha accresciuto la componente speculativa nelle negoziazioni giornaliere. Sarebbe il caso che le famiglie tornassero a guardare ai BTp come un asset d’investimento a cui fare riferimento nei momenti critici o in alternativa agli altri asset.

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