Tra fine 2023 e inizio 2024 lo spread decennale si è stabilizzato sopra 165 punti base e il rendimento italiano risulta risalito a quasi il 3,75%. Una mini-correzione forse necessaria dopo il boom dei prezzi obbligazionari iniziato nel mese di ottobre. Le lunghe scadenze hanno pagato il costo maggiore di questa pausa negli acquisti. Il BTp a 30 anni, scadenza 1 ottobre 2053 e cedola 4,50% (ISIN: IT0005534141), ha perso il 4,6% e ieri prezzava a 101,85. Il rendimento offerto era risalito sopra il 4,40%, con spread sul Bund di pari durata a 210 punti base o 2,10%.

L’emissione dell’attuale “benchmark” trentennale risale al febbraio dello scorso anno. In genere, è proprio agli inizi dell’anno che il Tesoro procede ad emettere il nuovo BTp a 30 anni. In qualche caso, esattamente nei primissimi giorni, qualora le condizioni di mercato lo consentano. L’offerta avviene con collocamento sindacato affidato alle banche. Ciò consente di attirare ordini finanche elevati.

Emissione conveniente per rendimento netto reale

L’intonazione dei mercati resta positiva per i bond, ma non per questo l’emissione del nuovo BTp a 30 anni necessariamente avverrà prestissimo. Potrebbero volerci settimane o qualche mese. La scadenza attuale ha data 1 ottobre, ragione per cui è verosimile che il Tesoro si vorrà dare una “deadline” entro il 31 marzo prima di procedere al collocamento. Vorrà, anzitutto, verificare la possibilità di fissare una cedola più bassa. Allo stato attuale, ciò non sembra scontato.

Per gli investitori individuali il nuovo BTp a 30 anni può essere l’occasione per impiegare liquidità a lunghissima scadenza e a tassi ancora elevati. Ai rendimenti attuali, l’eventuale cedola del 4,40% offrirebbe un 3,85% netto. Sarebbe un esito di gran lunga superiore al tasso d’inflazione atteso in Italia per i prossimi anni. Le famiglie avrebbero modo di percepire il 2-3% netto reale.

Rischi da BTp a 30 anni

Ovviamente, una simile scelta non può essere per tutti. Chi prevedesse di avere bisogno di liquidità entro qualche anno, non dovrebbe esporsi su scadenze lunghe.

L’eventuale disinvestimento anticipato comporterebbe il rischio di perdere parte del capitale investito, nel caso in cui i prezzi nel frattempo fossero scesi e i rendimenti saliti. Al contrario, chi potesse attendere e magari avesse un portafoglio obbligazionario ben diversificato, potrebbe speculare sul probabile ulteriore balzo dei prezzi a breve termine. Il BTp a 30 anni vedrebbe scendere il rendimento grazie all’ulteriore aumento dei prezzi e ciò consentirebbe al possessore di rivenderlo con profitto.

Facciamo attenzione allo spread su questa scadenza. Non ci riferiamo al differenziale di rendimento con il trentennale tedesco, bensì al premio riconosciuto sul BTp a 10 anni. Quando i rendimenti erano saliti ai massimi da diversi anni in ottobre, si aggirava poco sopra 40 punti base o 0,40%. Adesso, è salito a ridosso dei 70 punti o 0,70%. Questo significa che il BTp a 30 anni segue una discesa del rendimento più lenta del tratto decennale, evidentemente perché il mercato finora si è concentrato sul tratto medio-lungo. Da un lato, ciò invita alla prudenza, pur in un contesto complessivamente favorevole. Dall’altro, segnala ulteriori opportunità di guadagno ancora inespresse sul tratto a lunghissima scadenza.

[email protected]