A 28 mesi dal tragico crollo del Ponte Morandi a Genova non ci sono certezze circa il mantenimento delle concessioni da parte di Autostrade per l’Italia (Aspi). I tira e molla tra la controllata Atlantia, la holding della famiglia Benetton, e il governo ormai non si contano, mentre gli stessi rischi legali a carico dell’azienda sono elevati, specie dopo l’ondata di arresti tra i dirigenti per i fatti risalenti al 14 agosto 2018. Eppure, nelle scorse ore Aspi è stata in grado di collocare sul mercato obbligazioni per 1,25 miliardi di euro, registrando ordini per 3,7 miliardi, 3 volte superiori.

Il bond ha durata di 8 anni e corrisponde annualmente, in data 4 dicembre, una cedola del 2%.

Il titolo è stato emesso a un prezzo di 98,814, per cui esita un rendimento lordo alla scadenza del 2,163%, pari a 250 punti base sopra il tasso mid-swap. La data di regolamento è fissata per il 4 dicembre. La successiva quotazione avverrà alla Borsa Irlandese (Irish Stock Exchange).

Dell’operazione si è occupata Morgan Stanley come Sole Global Coordinator e Sole Active Bookrunner. Banca Akros, IMI-Intesa Sanpaolo, Mediobanca, Natixis, UBI Banca e Unicredit hanno agito, invece, come bookrunners.

Bond Autostrade, come sta andando dopo l’ultima giravolta dei Benetton?

Soddisfazione per l’esito dell’emissione è stata espressa dall’Amministratore Delegato, Roberto Tomasi, che ha rimarcato come i proventi dell’operazione contribuiranno a finanziare il piano di investimenti per 14,5 miliardi di euro e i 7 miliardi stanziati per le attività di manutenzione e di rinnovamento delle infrastrutture.

Le banche centrali spronano al rischio eccessivo

Considerato che la scadenza a 8 anni del BTp offre un rendimento ormai di appena lo 0,40%, le obbligazioni Aspi si mostrano oltre 5 volte più generose. Tuttavia, come dicevamo, presentano grossi rischi, perché nei fatti l’unico business della società verrebbe meno nel caso fossero revocate le concessioni senza alcun indennizzo. Inoltre, le richieste di risarcimenti per la tragedia pendono sui conti aziendali come una spada di Damocle.

Nulla di effettivamente eccezionale, comunque. Nelle stesse ore in cui il bond veniva emesso, in Giappone si verificava un evento realmente eccezionale e segno dei tempi. Aiful Corp, società di credito al consumo, riusciva ad emettere obbligazioni a 18 mesi per 15 miliardi di yen (circa 120 milioni di euro) con la più bassa cedola al mondo per un titolo “spazzatura”, cioè di appena l’1%. Peccato che l’emittente goda di rating estremamente bassi, cioè CCC, praticamente l’avamposto per il default.

L’apparente anomalia di queste operazioni si spiega con il fatto che le banche centrali hanno iniettato liquidità senza precedenti sui mercati, facendo schiantare i rendimenti lungo le scadenze e spingendo gli investitori a cercare un minimo di “yield” tra gli assets più rischiosi. E lo stesso fatto che gli istituti siano intervenuti per sostenere direttamente le aziende maggiormente colpite dalla pandemia ha diffuso la (falsa?) convinzione che nessuna verrà mai effettivamente lasciata fallire, almeno non se di certe dimensioni. Una china pericolosa, che rischia in futuro di provocare dolori tra gli obbligazionisti.

Bond Autostrade 1,625% 2023: il rischio revoca concessioni pesa sui rendimenti

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