A seguire i mercati finanziari, la domanda non sarebbe più se, bensì quando ci sarà la prossima recessione dell’economia. Per gli analisti di Goldman Sachs, le probabilità appaiono più elevate che a cadervi per prima sia l’Eurozona. Ad ogni modo, anche l’economia americana sarebbe a rischio imminente, come suggeriscono alcuni dati macro, tra cui l’aumento delle richieste di sussidi contro la disoccupazione e il mercato immobiliare. Il T-bond a 10 anni è passato in un mese e mezzo dall’offrire quasi il 3,50% al 2,80% di ieri.

E la scadenza a 2 anni offriva poco meno del decennale a metà giugno, mentre ieri si attestava esattamente al 3%, cioè a +0,20%. Sarebbero tutti indizi più o meno espliciti circa il ripiegamento atteso del PIL USA.

Uscendo dal mercato obbligazionario, esistono altri indicatori che stanno lanciando l’allarme. L’Housing Market Index, che capta l’andamento del comparto immobiliare, a luglio è sceso a 55 punti dai 67 di giugno, ai minimi dal maggio 2020. Nel  dicembre scorso stava a 84 punti. Ogni volta che questo indice si è contratto, l’economia americana è caduta in recessione. Accadde a inizio anni Novanta, nei primi anni Duemila, prima del 2007 e nel 2020.

T-bond indice della propensione al rischio

L’apprezzamento del T-bond a 10 anni è conseguenza della minore propensione al rischio sui mercati internazionali. I titoli di stato americani sono considerati un “porto sicuro” per eccellenza. Il loro rendimento si abbassa quando la domanda sale, cioè quando sui mercati c’è un clima di paura.

Tra l’altro, l’inversione della curva nel tratto 10/2 anni conferma i timori di cui sopra. Quasi sempre, preannuncia l’ingresso dell’economia americana nella recessione entro i successivi trimestri. Allo stato attuale, il T-bond a 10 anni offre circa lo 0,20% in più del T-bond a 2 anni. Questo significa che per gli investitori la stretta monetaria di questi mesi sia destinata presto a cedere il passo a un allentamento, cosa che generalmente avviene quando si sconta una crisi.

C’è da dire che il mercato dei T-bond suggerirebbe anche un “raffreddamento” delle aspettative d’inflazione. Queste si sarebbero stabilizzate a poco meno del 2,60% per i prossimi cinque anni. Erano al 3,56% a marzo. La stretta sui tassi della Federal Reserve starebbe funzionando. Per alcuni, anche troppo.

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