L’Unione Europea sta per emettere il suo primo green bond. Lo farà all’interno del suo programma noto come Next Generation EU, chiamato anche Recovery Fund. Il 30% di esso sarà finanziato con l’emissione di obbligazioni “verdi”, cioè finalizzate a ridurre l’impatto ambientale nel Vecchio Continente. Parliamo fino a 250 miliardi di euro in 5 anni.

Per il mercato dei green bond si tratterà di una rivoluzione. Le dimensioni delle emissioni nazionali e sovranazionali in circolazione e legate agli obiettivi di sostenibilità ambientale più che raddoppieranno.

Bruxelles avrà modo di costruire man mano una curva delle scadenze, che funga da riferimento per tutta l’area. Sinora, ha emesso circa 90 miliardi di euro di bond per finanziare il Recovery Fund, ottenendo un riscontro sempre elevatissimo tra gli investitori.

Green bond e ruolo della finanza

L’accoglienza di titoli europei è stata così calorosa, che la domanda è arrivata ad eccedere 10 volte gli importi offerti. Nel caso dei “bills”, i titoli a breve scadenza, è stata anche di 1,5 volte. E ci si aspetta che accada lo stesso per i green bond, i quali dovrebbero esitare rendimenti inferiori a quelli delle scadenze “grey”. Un flop non è neppure preso in considerazione dalla Commissione europea. I fondi d’investimento stanno facendo incetta di titoli legati ad obiettivi ambientali, così da rispondere alla domanda proveniente dalle loro basi di clienti.

E anche le banche dovrebbero fare la loro parte. Dal 2022 dovrebbe entrare in vigore il GAR o Green Asset Ratio, un indicatore di sostenibilità ambientale previsto dalla European Banking Authority (EBA). Gli istituti verosimilmente accresceranno gli investimenti in green bond anche per ragioni regolamentari. E così, l’Unione Europea potrà finanziare i Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza, che devono prevedere per almeno il 37% investimenti in voci di spesa filo-ambientali.

La peculiarità dei green bond europei sta tutta qui: l’emittente non sarà lo stesso che implementerà le misure volte a ridurre le emissioni inquinanti.

Queste spetteranno ai governi nazionali, sorvegliati da Bruxelles e i cui piani saranno stati preventivamente da essa approvati. Nella tassonomia europea di prossima pubblicazione sarà introdotto il principio del “do not significant harm”, vale a dire che nel perseguire un obiettivo ambientale non bisognerà colpirne un altro. Le premesse per il debutto del primo green bond sovranazionale europeo ci sono tutte. Manca il fischio d’inizio.

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