E’ arrivato anche il giorno di Londra per il debutto sul mercato dei green bond. La prima emissione sovrana di debito “verde” del Regno Unito è avvenuta nella giornata di oggi. Non che vi fossero tanti dubbi, ma effettivamente si è trattato di un enorme successo. Entro 45 minuti dall’apertura degli ordini, le richieste sono arrivate a 90 miliardi di sterline, bruciando ogni record passato. Alla fine, hanno superato la cifra dei 100 miliardi, a fronte dei quali il Debt Management Office (DMO) ha offerto 10 miliardi.

Il green bond ha una durata di 12 anni, con scadenza fissata per il mese di luglio del 2033. Ha esitato un rendimento lordo dello 0,90%, sostanzialmente in linea con quello vigente per i Gilt ordinari di pari durata. Lo scorso anno, il responsabile del DMO, Robert Stheeman, aveva allontanato l’ipotesi di emissioni di titoli verdi, paventando il rischio che sarebbero costati di più ai contribuenti di Sua Maestà. La minore liquidità di questo mercato aveva fatto serpeggiare timori in tal senso, dissoltisi con i risultati di stamattina.

Green bond UK arrivano un po’ tardi

Non sarà l’unico green bond emesso quest’anno da Londra. Un secondo arriverà tra un mese per circa 5 miliardi di sterline e avrà durata tra 20 e 30 anni. I 15 miliardi complessivamente raccolti faranno parte del piano di emissioni per quest’anno fissato a 253 miliardi. Quanto alle finalità finanziate, si va dalle energie rinnovabili alla difesa contro le alluvioni e fino alla cattura e all’immagazzinamento di anidride carbonica.

Londra è arrivata tardi sul mercato dei green bond. Prima è stato il turno di Polonia, Spagna, Francia, Germania, Italia e Ungheria. Il cancelliere dello Scacchiere, Rishi Sunak, praticamente il corrispondente del nostro ministro del Tesoro, ha rotto gli indugi dopo avere verificato che nell’ultimo anno tutte le emissioni verdi sovrane hanno spuntato costanti “greenium” sul mercato, cioè sono costate ai rispettivi governi un po’ meno dei titoli del debito ordinari.

I fondi ESG si stanno buttando nell’affare per mostrarsi sensibili all’ambiente e attirare così capitali dai clienti. Il rischio di “greenwashing”, ossia di finanziare iniziative ambientali solo pro-forma, resta elevato. E, anzi, tende a crescere con l’aumentare delle dimensioni di questo mercato.

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