Il Gruppo Lenovo è tornato a rifinanziarsi sui mercati nei giorni scorsi, raccogliendo 1,25 miliardi di dollari attraverso l’emissione di un’obbligazione senior unsecured e di un green bond senior unsecured. La prima tranche ha scadenza a 5,5 anni e ha raccolto 625 milioni, esitando un rendimento lordo annuo del 5,831%. La seconda ha scadenza a 10 anni, ha raccolto altri 625 milioni e ha esitato un rendimento lordo annuo del 6,536%. I proventi saranno destinati al finanziamento di progetti di natura ambientale. La società iniziò a mirare ad obiettivi sostenibili già nel 2008.

E nel 2020 raggiunse gli obiettivi che si era prefissa con un anno di anticipo. Entro il 2050 punta ad emissioni nette zero di CO2.

Lenovo gigante tech

Il green bond di Lenovo ha raccolto molto interesse tra gli investitori ESG di tutto il mondo, di cui per il 40% americani. I rating assegnati alle emissioni obbligazionarie del gruppo sono “investment grade”: BBB-/BBB/Baa2 per S&P, Fitch e Moody’s. La società è attiva nel comparto dell’elettronica di consumo. Lo scorso anno, ha fatturato oltre 71 miliardi di dollari e maturato un utile pre-imposte di 2,7 miliardi. Opera in 60 paesi e vende su 180 mercati.

I rendimenti esitati appaiono fin troppo appetibili per lasciarseli sfuggire. Si tenga anche conto che i bond sono tornati oggetto di acquisti sui mercati dopo un primo semestre da dimenticare. Resta il fatto che il green bond di Lenovo, così come la tranche di durata più corta, presentino anche qualche rischio a cui porre la giusta attenzione. Lenovo è una multinazionale cinese, tant’è che le sue azioni sono quotate alla Borsa di Hong Hong. Qui, capitalizza meno di 11 miliardi di dollari.

Il vero rischio del green bond

Tra USA e Cina non tira una bella aria, meno che mai dopo la visita di Nancy Pelosi a Taiwan. Più in generale, da anni le relazioni tra le due superpotenze sono tese.

E proprio il comparto tech è oggetto di contesa tra Washington e Pechino. Basti pensare alla brutta fine che Huawei ha fatto sotto l’amministrazione Trump. Adesso, rischia di essere il turno di qualche altro gigante. Per non parlare del fatto che neppure i colossi industriali siano al sicuro in Cina dalle intromissioni del potere politico. L’esempio lampante è stata Alibaba, gigante degli acquisti online.

C’è chiaramente anche il rischio di cambio, essendo il green bond denominato in dollari USA. Ciò spiega l’elevato rendimento offerto, sebbene il 6,50% sarebbe più che sufficiente a compensare il probabile deprezzamento del biglietto verde contro la moneta unica nei prossimi anni. Il problema principale, tuttavia, resta il clima sfavorevole tra Occidente e Cina. Con la pandemia prima e la guerra in Ucraina ora, sembra che qualcosa si sia rotto, forse definitivamente.

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