Secondo duro colpo per Alibaba in meno di due mesi. Il colosso cinese dell’e-commerce è stato posto sotto inchiesta da parte dell’authority di Pechino di controllo del mercato per presunti abusi di posizione dominante. In particolare, la società fondata da Jack Ma starebbe approfittando della sua situazione quasi di monopolio in Cina per eliminare la concorrenza, tra l’altro vietando ai negozi online registrati sul suo sito di stringere accordi con siti rivali come JD.com e Pinduoduo.

Capitalismo in salsa cinese: così Pechino ha fermato l’IPO più grande di sempre al mondo

La società ha espresso piena volontà di collaborare con le autorità, ma le parole di comodo non hanno impedito al titolo Alibaba di crollare di oltre l’8% nella seduta di giovedì scorso, quando la notizia dell’inchiesta è stata resa pubblica.

Agli inizi di novembre, sempre le autorità finanziarie cinesi avevano bloccato l’IPO di Ant Group, una società affiliata al colosso dello shopping online e a capo di Alipay, notissima anche fuori dalla Cina per i pagamenti elettronici. Sarebbe stato il debutto in borsa più grande di sempre, dato che tra Borsa di Shanghai e Hong Kong avrebbe raccolto 34,5 miliardi di dollari di capitali, superando i meno di 30 miliardi della compagnia petrolifera saudita Aramco nel dicembre 2019. In quell’occasione, lo stop fu ufficialmente motivato dall’assenza di tutti i requisiti necessari per procedere all’IPO. In particolare, sarebbero stati rilevati un basso capitale a fronte dei mini-prestiti erogati e l’assenza della licenza bancaria per operare in tal senso.

L’aria che cambia anche negli USA

In realtà, allora si speculò sul fatto che Ma avesse pochi giorni prima criticato pubblicamente il sistema regolatorio finanziario di Pechino, considerandolo inadeguato e non al passo con i tempi. E poiché Alibaba detiene un terzo del capitale in Ant, sarebbe scattata la punizione delle autorità ai danni della controllata.

Questa spiegazione resta molto plausibile, ma bisogna considerare quanto accaduto nelle ultime settimane anche nella prima economia mondiale e massima rivale di Pechino. Quasi la totalità degli stati negli USA ha denunciato Facebook per chiedere che Mark Zuckerberg ceda almeno uno delle società rilevate negli ultimi anni tra WhatsApp e Instagram, notando come starebbe creando una sorta di monopolio sui social.

Facebook a rischio divorzio da Instragram e WhatsApp, la Silicon Valley ora fa paura

Più in generale, i colossi di internet sono finiti nel mirino della politica americana, spaventata sempre più dallo strapotere, non solo economico, che stanno guadagnandosi a discapito della concorrenza. La capacità di attingere ai “big data” rende poche, grandi società della Silicon Valley praticamente imbattibili e rischia di travolgere qualsivoglia attività tradizionale, seminando malcontento sociale e concentrando potere finanziario e mediatico nelle mani di un gruppo di soggetti sempre più spavaldo. In Cina, sta accadendo un po’ lo stesso. Alibaba è stata coccolata e cresciuta con capitali statali e ora che è diventata troppo grande per poter essere controllata, il governo segnala insofferenza verso una società di così grandi dimensioni, con una clientela attiva di 730 milioni di persone al mese e una capitalizzazione in borsa che si aggira sui 700 miliardi di dollari. A ottobre, prima della mancata IPO di Ant, aveva sfiorato gli 840 miliardi.

I rapporti tra Cina e USA sono ai minimi termini dopo quattro anni di amministrazione Trump e, soprattutto, dopo mesi e mesi di forti polemiche sulle presunte responsabilità di Pechino nella gestione iniziale dell’emergenza Covid in casa. Ma entrambe le superpotenze sembrano accomunate dalla consapevolezza che l’accondiscendenza di questi anni verso l’ingrandimento di società a primo acchito funzionali alle rispettive economie minaccerebbe proprio la capacità di controllo della politica dei grandi processi globali e la stessa pace sociale interna.

I giganti del web fanno paura, sanno troppo di tutti e di questo passo non resterà nessuno a potervisi opporre sul piano della concorrenza.

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