E anche la Colombia si butta sui green bond, annunciando che terrà dal secondo semestre di quest’anno aste mensili per l’assegnazione di un massimo di 2.000 miliardi di pesos in titoli di stato “verdi”, corrispondenti a un controvalore di 478 milioni di euro al cambio attuale. I proventi dell’operazione saranno destinati a finanziare progetti contro la deforestazione, veicoli con maggiore efficienza energetica e le energie rinnovabili. Ma Bogotà, a differenza di quanto stia avvenendo presso la generalità delle economie emergenti, punterà su emissioni in valuta locale, confidando sul mercato domestico.

In realtà, anche quest’ultimo risulta affollato dagli investitori stranieri, per cui i green bond finiranno ugualmente nei portafogli all’estero. Per quanto non vi siano ancora conferme, la scadenza dei titoli sarebbe di 20 anni. Nel corso del 2020, nel mondo sono stati emessi obbligazioni ESG, vale a dire improntati a criteri di sostenibilità, per 732 miliardi di dollari. Ad essere sinceri, in molte operazioni sono stati ravvisati tentativi palesi di “greenwashing”, vale a dire la fissazione di obiettivi ambientali solo di facciata e tesi a raccogliere capitali a buon mercato.

Mi conviene emettere green bond? Ecco come funzionano e non sono tutti uguali

Nel caso in esame, il governo colombiano sta puntando su obiettivi alla portata, a prima vista non così tanto ambiziosi, ma certamente più sinceri di molti propositi che si leggono in giro negli ultimi mesi tra gli emittenti sovrani e corporate. E si affiderà al monitoraggio di una società terza per garantire agli obbligazionisti che i capitali saranno effettivamente impiegati per il raggiungimento dei target prefissati.

Quale rendimento congruo per il rischio

Quest’ultimo aspetto è di estrema rilevanza, perché il fattore credibilità risulterà determinante per consentire agli investitori istituzionali di tenere in portafoglio titoli eco-compatibili. Per chi investirà in questi green bond colombiani, però, vale la pena tenere in considerazione altri aspetti dirimenti ai fini della valutazione sull’opportunità di acquistare o meno.

Il primo riguarda il rischio di cambio. Il peso ha perso quasi il 12% nell’ultimo anno contro l’euro, portando al 37% le perdite dell’ultimo decennio, pari a una media annua del 3,2%. I fondamentali attualmente non lasciano sperare in un recupero della valuta emergente, a causa dei saldi commerciali e correnti negativi. Inoltre, il tasso d’inflazione a dicembre si collocava poco sotto il tasso d’interesse della banca centrale, fissato all’1,75%.

Relativamente basso, invece, il rapporto tra debito e PIL, salito al 57%. I rating, tuttavia, non solo esaltanti: BBB- per S&P e Fitch e Baa2 per Moody’s, sostanzialmente ai livelli dell’Italia e a rischio declassamento in area “junk” o “spazzatura”. Le riserve valutarie di 57,3 miliardi di dollari appaiono congrue rispetto alle esposizioni verso l’estero, che su un totale di 147,4 miliardi dovrebbero ammontare a circa una ventina per il breve termine. Nell’ultimo anno, i rendimenti sovrani si sono contratti, con il decennale ad offrire oggi il 4,83%, esattamente l’1% in meno rispetto a 12 mesi fa. Per i prossimi mesi, poi, sempre la Colombia ha annunciato l’emissione di una nuova scadenza in pesos a 25 anni. Nei giorni scorsi, ha emesso il suo primo bond a 40 anni in dollari a un tasso del 3,875% (ISIN: US195325DX04), raccogliendo 1,3 miliardi.

Sulla base di questi numeri, ci sentiamo di affermare che i green bond a 20 anni in pesos dovrebbero offrire una cedola di circa il 6-6,50%. Tenuto conto del rischio di cambio di cui sopra, il rendimento effettivo per un investitore dell’Eurozona si dimezzerebbe nel medio-lungo termine, ma di questi tempi resterebbe relativamente elevato. E se la quotazione del bond salisse nel tempo, avremmo pure modo di uscire prima dal mercato con l’incasso di una plusvalenza.

Colombia e Messico sono “buy” per i bond dell’America Latina

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