Oggi (ieri per l’ora di Tokyo), il governatore della Banca del Giappone “in pectore”, Kazuo Ueda, è stato ascoltato dalla Dieta in audizione per la prima volta dopo la nomina del governo. I deputati dovranno entro poche settimane confermare o respingere tale nomina, anche se la maggioranza del Parlamento sostiene il premier e difficilmente di discosterà dalle sue indicazioni. Ueda ha dichiarato che sarebbe “appropriato” proseguire la linea di accomodamento monetario sin qui impostata dal governatore uscente Haruhiko Kuroda nei suoi due mandati da dieci anni.

Ha solo aggiunto che intende mitigarne gli effetti collaterali e che la normalizzazione sarà possibile solo quando il target d’inflazione sarà alla portata. Interrogato sul controllo della curva dei rendimenti dei bond in Giappone, messa in atto sin dal settembre del 2016, ha sostenuto che non vi fosse alcuna alternativa.

Yen giù e borsa su dopo Ueda

Queste sono state le prime parole di Ueda, un accademico dalle posizioni poco note sulla politica monetaria all’infuori del Giappone. La reazione dei mercati è stata chiara: Nikkei-225 a +1,29%, yen ai minimi da due mesi e rendimento del bond a 10 anni appena sotto la soglia dello 0,50%. Di fatto, il futuro governatore ha posto fine a settimane di speculazioni circa la policy dell’istituto dopo la fine del mandato di Kuroda agli inizi di aprile. I rendimenti erano saliti sopra la soglia massima tollerata per la scadenza a 10 anni dello 0,50% nelle passate sedute. La Banca del Giappone si era vista costretta ad intervenire con ingenti acquisti di titoli per sostenerne i prezzi.

Con un’inflazione al 4% e tassi al -0,10%, non si capisce come Ueda possa pensare di proseguire la stessa politica di Kuroda. Resta da vedere se egli abbia avuto più che altro intenzione di placare i timori del Parlamento circa un possibile cambio brusco di impostazione o se realmente intende andare avanti con tassi negativi e “quantitative easing”.

Il resto del pianeta sta alzando i tassi d’interesse per reagire all’inflazione elevata di questa fase. Tra le grandi banche centrali, Tokyo resta un’eccezione considerata non sostenibile.

Pressione su bond Giappone sarà alta

Le parole di Ueda hanno, però, l’effetto di favorire gli acquisti dei bond nell’Eurozona. Questi subiranno verosimilmente una minore concorrenza dal Sol Levante e potranno continuare ad attirare i capitali nipponici anche nei prossimi mesi. Tra l’altro, oggi la Germania ha comunicato il suo dato finale sul PIL nel quarto trimestre, risultato in calo più marcato della lettura preliminare. Due notizie che sono andate nella direzione di ridurre leggermente i rendimenti nell’area e lo spread tra BTp e Bund. D’altro canto, ieri il dato sull’inflazione a gennaio nell’Area Euro era risultato di poco superiore alla stima preliminare: 8,6% contro 8,5%, giù dal 9,2% di dicembre.

Se banche centrali come Federal Reserve, Banca d’Inghilterra e Banca Centrale Europea alzeranno i tassi d’interesse più marcatamente delle previsioni, come farà il Giappone a contenere le vendite dei suoi bond e l’indebolimento dello yen allo stesso tempo? Si troverà prima o poi nella condizione di dover scegliere se perseguire la stabilità dei prezzi, ovvero un target d’inflazione del 2%, o se mantenere intatto il controllo della curva dei rendimenti per contenere la spesa per interessi dello stato. Ueda non ha sciolto questi dubbi, ha solo fatto sapere che continuerà a calciare il barattolo. Magari nella speranza che la stretta sui tassi in Occidente stia per concludersi da qui a quando si sarà insediato.

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