Il ministro delle Finanze, Mohamed Maait, ha annunciato nei giorni scorsi che l’Egitto intende emettere nella prima metà del 2023 il suo primo Social bond per un controvalore di 500 milioni di dollari. Si tratta di una grossa novità per l’economia nordafricana. Questo tipo di obbligazioni prevede, infatti, che i proventi siano utilizzati per il finanziamento di progetti con finalità ambientali o sociali. Nel settembre del 2021, Il Cairo emise un green bond da 3 miliardi di dollari. Nel marzo scorso, poi, è stata la volta di un Samurai bond dal controvalore di 500 milioni di dollari.

Parliamo di titoli del debito denominati in yen, con l’obiettivo di raccogliere capitali sul mercato giapponese.

Il Social bond s’inserisce nell’ambito di emissioni in valuta straniera per complessivi 5-6 miliardi di dollari nell’anno fiscale in corso, iniziato l’1 luglio e che si concluderà il prossimo 30 giugno. Tuttavia, sarebbe opportuno ricordare che l’Egitto sia dipendente dagli aiuti del Fondo Monetario Internazionale (FMI), con cui ha in corso trattative per l’erogazione di un prestito da 3 miliardi.

Quest’anno, la banca centrale ha dovuto svalutare la lira egiziana del 36% contro il dollaro dopo che l’aveva tenuta a un cambio semi-fisso negli anni passati. La pandemia ha aggravato il quadro macro, colpendo il turismo, settore trainante dell’economia domestica. Il debito pubblico è salito all’87% del PIL nel 2022, mentre il deficit è sceso al 6,1% al 30 giugno scorso. Per quest’anno, invece, dovrebbe attestarsi al 5,6% ed entro il 2027 al 4%. Progressi troppo piccoli sul piano fiscale per risultare incisivi.

Rischi del Social bond

E, infatti, il Social bond che arriverà sul mercato nei prossimi mesi godrà di valutazioni molto basse. Le agenzie di rating assegnano al debito egiziano i giudizi di B (S&P), B+ (Fitch) e B2 (Moody’s). Ciò significa che esso è considerato altamente speculativo o “spazzatura”.

Critica è anche la situazione del debito estero, a circa 156 miliardi di dollari a giugno, di cui 26,6 miliardi a breve scadenza. I numeri non appaiono elevati in assoluto, ma considerate che le riserve valutarie si attestino a 33,5 miliardi. In pratica, l’80% dei dollari in cassa servirebbero solo per pagare i debiti contratti con finanziatori stranieri.

Tra l’altro, le partite correnti egiziane sono negative, cioè il paese complessivamente importa più di quanto esporta e per questo “distrugge” valuta straniera in cassa. D’altra parte, tra riserve di gas preziose per l’Europa e recupero del comparto turistico, le prospettive per l’economia domestica potrebbero migliorare nel medio termine. Sul piano geopolitico, poi, il paese risulta fondamentale per il delicato sistema di equilibri nel Medio Oriente. Anche grazie a ciò, l’FMI non dovrebbe staccare la spina per il momento, allontanando lo spettro di un default da qui a breve.

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