Il dato sull’inflazione a gennaio negli Stati Uniti è risultato in calo dal 3,4% di dicembre al 3,1%, ma superiore alle attese del 2,9%. Il mercato ha subito reagito con un balzo dei rendimenti sovrani, specie dei T-bond, oltre che con un allargamento degli spread. Ciò è dovuto alla previsione di un taglio dei tassi di interesse meno probabile per i prossimi mesi. In teoria, una buona notizia per chi punta ad investire sul mercato obbligazionario in dollari: rendimenti più alti e cambio più forte contro l’euro.

Ma non c’è bisogno necessariamente di spostarci al di là dell’Atlantico per inserire asset appetibili in portafoglio. Esistono BTp in dollari, come sappiamo. Uno di questi ha scadenza in data 17 ottobre 2029 e offre cedola del 2,875% (ISIN: US65410BY32).

BTp in dollari, occhio all’effetto cambio

Vediamo adesso quanto sarebbe stato il rendimento effettivo di questo bond nell’ultimo anno. Ieri, la quotazione del BTp in dollari era superiore agli 89 centesimi, mentre un anno fa si attestava sotto 85,40 centesimi. L’apprezzamento è stato all’incirca del 4,50%. E c’è stato nel frattempo l’incasso della cedola, che rispetto ai valori di acquisto del titolo valeva il 3,37% all’atto dell’investimento. L’effetto cambio non ha giocato a nostro favore, invece, essendosi il dollaro leggermente deprezzato contro l’euro di uno 0,65%.

Grosso modo, ancora prima di fare calcoli più esatti, dovremmo attenderci un rendimento effettivo del 7%. Verifichiamolo, dati alla mano. Un lotto minimo di 200.000 dollari si acquistava un anno fa per 85,39 centesimi e al tasso di cambio di 1,072. Il costo sarebbe stato di circa 159.310 euro. E avremmo dovuto spendere altri quasi 1.730 euro per pagare il rateo della cedola spettante al venditore per il periodo che andava dal 17 ottobre 2022 al 13 febbraio 2023.

Calcolo del rendimento effettivo

Immaginiamo di avere rivenduto il BTp in dollari proprio ieri. Il valore di mercato era di 89,19 centesimi, che su un lotto di 200.000 dollari implicava un prezzo di 178.380 dollari.

E al tasso di cambio di 1,079, facevano circa 165.320 euro. Ma nel frattempo avremmo incassato la cedola semestrale di aprile 2023. Al tasso di cambio di quasi 1,10, circa 2.620 euro. Ad ottobre, avremmo incassato un’altra cedola semestrale, ma ad un tasso di cambio più basso, pari a 2.719 euro. E ieri l’acquirente ci avrebbe dovuto corrispondere altri 1.717 euro per il rateo attivo relativo al periodo cedolare iniziato lo scorso 18 ottobre (incluso).

Facendo la somma dei ricavi e quella dei costi sostenuti per l’investimento, otteniamo proprio un rendimento effettivo lordo del 7%. Questo dato si confronta con il 4,5% offerto nello stesso anno dal BTp 2029 in euro. A quotazione sostanzialmente invariata a poco meno di 110, la cedola nominale era qui del 5,25%. Quella effettiva, cioè rapportata all’esborso, si attestava al 4,8%.

Rischio di cambio pesa

Ma questo è il passato. Se oggi intendessimo acquistare il BTp in dollari in scadenza tra oltre cinque anni e mezzo, il rendimento lordo offertoci sarebbe del 5,15% su base annuale. L’omologo di pari durata in euro offrirebbe il 3,38%. Si direbbe che il primo continui a mostrarsi conveniente. Ma c’è il rischio di cambio a cui prestare attenzione. In teoria, essendo entrambi i BTp emessi da un unico soggetto – il Tesoro italiano – la differenza di rendimento rispecchierebbe le attese sul cambio euro-dollaro. Nello specifico, però, esiste una possibile interferenza dettata dal fatto che il BTp in dollari sarebbe percepito, specie in alcune fasi, meno rischioso del BTp in euro per via della cosiddetta “lex monetae”.

Il ragionamento è questo. L’Italia ha un elevato debito pubblico e, in via del tutto teorica, rischierebbe il default. In una situazione del genere, i titoli denominati in euro verrebbero più facilmente ristrutturati ai danni dei creditori, magari convertiti in lire se l’evento comportasse l’uscita dell’Italia dall’Eurozona.

I titoli di stato in dollari, invece, essendo denominati in una valuta emessa da uno stato straniero, sarebbero meno facilmente rinegoziabili e, dunque, un pelino più sicuri. Teoria, certo, ma che a volte ha portato a un certo disallineamento degli spread tra BTp e T-bond da un lato e BTp e Bund dall’altro.

BTp in dollari, rendimento extra insufficiente?

Per individuare il tasso di cambio atteso dal mercato da qui ai prossimi cinque anni, potremmo fare riferimento ai titoli tedeschi. Anch’essi con rating tripla A – anzi, meglio messi degli Stati Uniti, che conservano il massimo giudizio solo grazie a Moody’s – e certamente non percepiti a rischio default. La scadenza tedesca quinquennale offriva ieri il 2,34% contro il 4,25% del T-bond di pari durata. Quasi il 2% di differenza, che implica che il rendimento annuo del BTp in dollari dovrebbe risultare altrettanto più alto dell’emissione in euro. La differenza di rendimento tra i due si aggirava ieri intorno all’1,80%. L’investimento nell’asset in valuta sarebbe forse insufficiente a compensare il rischio di cambio atteso.

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