Anche Fitch ha declassato il rating dei bond russi a lungo termine denominati in valute straniere, portandolo da B a C. L’agenzia ha parlato di “default imminente”. I giudizi delle altre due principali agenzie internazionali sono ugualmente terrificanti: Ca per Moody’s, CCC- per S&P, in entrambi i casi con prospettive “negative”, vale a dire con ulteriori declassamenti in vista. Fitch, invece, non assegna alcun outlook alle obbligazioni con rating inferiori a CCC.

Il decreto presidenziale firmato da Vladimir Putin nei giorni scorsi consente alle società private e allo stesso stato di pagare in rubli gli obbligazionisti stranieri residenti nei paesi “ostili”, quelli che hanno comminato sanzioni contro la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina.

Ebbene, i bond russi emessi dopo l’occupazione della Crimea nel 2014 contemplano una simile ipotesi, gli altri no. Ed è per questo che c’è aria di default: se la Russia paga i creditori in una valuta diversa da quella di denominazione dei bond, formalmente scatta l’evento creditizio.

La Banca di Russia ha dovuto imporre alcuni controlli sui capitali dopo che gran parte delle sue riserve valutarie risulta “congelata” dall’Occidente. Il default per i bond russi potrebbe verificarsi a partire dal 16 marzo prossimo, quando lo stato dovrà onorare la scadenza relativa a una cedola. Si vedrà se lo farà in rubli o dollari. Gazprom, in settimana, ha pagato una scadenza da 1,3 miliardi in dollari, non avvalendosi della facoltà concessale dal decreto di farlo in rubli. Poiché il mercato sconta il crac, il bond 4 aprile 2042 e cedola 5,625% (ISIN: RU076747385) è collassato a soli 12 centesimi. Stava a 130 all’inizio dell’anno. Dunque, in una decina di settimane ha perso più del 90%. A questi prezzi, offre un rendimento lordo superiore all’83%.

Bond russi e possibile risalita con la fine delle sanzioni

Gli investitori stranieri stanno solo vendendo bond russi.

Tra le sanzioni e il desiderio di non accostare la propria immagine a quella di un paese invasore, anche JP Morgan e Bloomberg li hanno scartati dai rispettivi indici, privando l’obbligazionario di Mosca di preziosi capitali passivi. Ma attenzione a farsi prendere dal clima. La Russia non sta andando in default per assenza di mezzi, bensì per l’impossibilità di utilizzarli. E’ come se alla cassa del supermercato non riusciste a pagare con il bancomat per assenza di linea, nonostante sul conto in banca abbiate qualche milione di euro.

Vero è che le sanzioni dell’Occidente potrebbero durare a lungo e che l’economia russa ne risentirà per molto tempo, essendo stata nei fatti tagliata fuori dalla finanza internazionale e persino dai commerci con la parte ricca del pianeta. Tuttavia, Mosca tornerà a pagare quando riavrà il pieno possesso delle sue riserve. Il suo debito pubblico è ancora inferiore al 20% del PIL, mentre la bilancia dei pagamenti è decisamente attiva grazie alle esportazioni di petrolio e gas. Non le mancano teoricamente i dollari per onorare i pochi debiti. Chi oggi comprasse bond russi al 12% del loro valore nominale, potrebbe fare un affare. Certo, non subito e non è detto che non vi sarà una qualche forma di ristrutturazione del debito. Ma i prezzi appaiono incredibilmente bassi per un paese che fino a pochi giorni fa non era minimamente sospettabile di default.

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