Rendimenti su, prezzi giù e famiglie disorientate. Chi ha acquistato titoli di stato a quotazioni elevate negli anni recenti, adesso non sa cosa fare. Se vende, cristallizza le perdite; se tiene, non approfitta dei rendimenti in forte rialzo. E poi ci sono quei bond con scadenze molto simili e prezzi/rendimenti così differenti. E’ il caso dei BTp 2037 con cedola fissa. Sul mercato sovrano ve ne sono due, tre se si considera anche il BTp Futura 2037, che sappiamo essere un bond retail con cedole crescenti.

Si tratta di una scadenza particolarmente interessante, cioè di 15 anni. A pensarci, il periodo d’investimento ideale per una famiglia. Sta a metà strada tra 10 e 20 anni ed è un lasso di tempo sufficiente per parcheggiare il capitale in attesa che i figli crescano e un giorno da grandi ne facciano uso. Intanto, s’incassano le cedole.

BTp 2037, le scadenze di febbraio e marzo

Come dicevamo, ci sono due BTp 2037. Uno scade in data 1 febbraio e offre cedola lorda 4% (ISIN: IT0003934647). Ieri, il titolo quotava sul MoT di Borsa Italiana a 112,60. A tale quotazione, il rendimento lordo annuale corrispondente è di circa 2,80%. Al netto dell’imposta del 12,50%, scendiamo in area 2,45%. Niente male per un investimento teoricamente “risk free”. Con un’inflazione media del 2%, saremmo in grado persino di ottenere un rendimento reale positivo.

Poi, c’è l’altro BTp 2037 con scadenza 1 marzo e cedola 0,95% (ISIN: IT0005433195). In questo caso, la quotazione sprofonda a poco più di 76 centesimi. Pertanto, il rendimento lordo sale in area 3,35%, quello netto sfiora il 2,95%. Siamo a mezzo punto percentuale in più del precedente. Ma rileva una differenza: la cedola qui è molto più bassa. Dovremmo accontentarci di neppure l’1,10% annuo, al netto dell’imposta e rapportata al valore effettivo dell’investimento. Nell’altro caso, invece, la cedola netta effettiva risulta essere del 3,10%, tre volte tanto.

Fattore cedola

Come mai tanta differenza per due scadenze sostanzialmente uguali? Proprio per il fattore cedola. Nel primo caso, abbiamo un flusso di redditi annuale maggiore dello stesso rendimento, poiché alla scadenza subiremmo una minusvalenza: il BTp 2037 ci sarebbe rimborsato a 100 e noi lo avremmo acquistato a 112,60. Nel secondo caso, accade il contrario: rendimento per due terzi ottenuto alla scadenza grazie alla plusvalenza realizzata avendo acquistato il bond nettamente sotto la pari. Ma fino ad allora resteremmo a bocca quasi asciutta.

Perché il Tesoro ha emesso due BTp 2037 con cedole così diverse tra loro? Semplice. In un caso, l’emissione risale al 2005 e riguardò un titolo trentennale. Nell’altro caso, avvenne agli inizi del 2021, in condizioni monetarie molto più favorevoli al Tesoro. Peraltro, il bond debuttò con una durata di 16 anni. A proposito, il BTp Futura 2037 offriva ieri il 3,25%. Questo bond presentava una cedola media ponderata dell’1,4% lordo. Evidentemente, il mercato non apprezza questo meccanismo di corresponsione crescente del tasso. E lo dice in tutte le salse.

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