Il Portogallo continua a far parlare di sé e positivamente. Nelle ultime sedute, sta registrando una discesa marcata dei rendimenti lungo tutta la curva delle scadenze. I decennali sono crollati ai minimi storici, poco sopra lo 0,70%, perdendo 100 punti base rispetto solamente all’ottobre scorso. I rendimenti sono adesso negativi fino alla scadenza dei 5 anni e arrivano appena all’1,80% per quella a 30 anni. In confronto, l’Italia si mostra imbarazzante: da noi i rendimenti risultano già positivi dai 9-12 mesi insù e offrono per i 10 anni 3 volte e mezzo tanto.

Può sembrare strano che Lisbona, che riesce ormai ad emettere debito a costi sostanzialmente nulli, una settimana fa abbia collocato sul mercato il primo “Panda bond” nell’Eurozona.

Panda bond anche in Italia? Così i BTp aprirebbero al mercato dei capitali cinese

Si tratta di un’obbligazione in valuta cinese per 2 miliardi di yuan, pari a circa 260 milioni di euro, al cambio attuale. Elevata la domanda, 3,165 volte l’importo offerto, ragione per cui il governo ha potuto limare al ribasso la cedola offerta, che stando alla guidance iniziale si sarebbe collocata tra un minimo del 3,90% e un massimo del 4,50%. Alla fine, è stata del 4,09% per un titolo con scadenza triennale, circa 110 punti base in più rispetto a un omologo cinese, segno che gli investitori abbiano preteso un premio per puntare sul Portogallo, anziché sulla Cina. In altre parole, considerano Pechino un emittente più sicuro.

Il fatto è che potrebbe apparire un’operazione senza senso economico, se si considera che un bond a 3 anni in euro prima dell’emissione sul secondario in Portogallo offrisse appena il -0,22%. Oggi, tale rendimento risulta sceso ulteriormente al -0,24%. Dunque, l’IGCP, l’Agenzia del debito pubblico di Lisbona, ha emesso un’obbligazione con un rendimento superiore del 4,31% rispetto a quello che avrebbe potuto scontare con un’emissione in euro.

Come mai? Due le ragioni di una scelta tutt’altro che sbagliata, per quanto non immune da rischi.

Il senso dell’operazione

Anzitutto, il collocamento apre al Portogallo il mercato dei capitali cinese. Una scommessa interessante, anche perché la Cina ha tutta l’intenzione di diversificare le sue riserve valutarie da 3.000 miliardi di dollari, puntando sul debito sovrano europeo. A due condizioni: che sia remunerativo e che abbia un rating alto. Al momento, il Portogallo non assicura né l’una e né l’altra, ma in prospettiva sì, se si considera che Fitch abbia da poco promosso da “stabile” a “positivo” l’outlook dei suoi bond, valutati “BBB”. A differenza dell’Italia, qui esiste la seria prospettiva di ulteriori promozioni, magari facendo tornare il rating in “A” per la prima volta dal 2011. A quel punto, il Portogallo offrirebbe rendimenti superiori a quelli sia “core”, che (di pochissimo) a quelli spagnoli, ma a differenza di oggi sarebbe considerato anche un emittente molto solido.

Rendimenti ai minimi storici in Portogallo, Spagna e Grecia

Secondariamente, il governo di Antonio Costa ha senz’altro scommesso al rialzo sul cambio tra euro e yuan. Affinché l’operazione non infligga perdite, in termini di costo alternativo inferiore in euro, sarebbe necessario che alla scadenza lo yuan si deprezzasse contro l’euro di circa il 13%, cioè che il cambio tra le due valute si portasse in area 8,90 dall’attuale 7,77. Non è una previsione da poco, perché l’ultima volta che i livelli di cambio si aggiravano intorno o sopra a tale valore fu nel settembre 2011, alla vigilia della tempesta dello spread che avrebbe travolto particolarmente l’Italia. E tre anni dopo, la moneta unica era tornata a rafforzarsi e avvicinandosi a tale tasso, senza toccarlo. In altre parole, Lisbona scommette su un mix tra politica monetaria restrittiva della BCE e ulteriore indebolimento del cambio cinese da qui a qualche anno.

Se le tensioni commerciali proseguissero, si avvererebbe probabilmente la seconda ipotesi, molto meno la prima. Ad ogni modo, il paese può permettersi al momento persino di rischiare qualcosa.

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