Con oggi si sono concluse le riunioni dei board delle principali banche centrali del mondo per quest’anno. La Banca del Giappone ha annunciato che manterrà invariati i tassi di interesse al -0,10%. E cosa ancora più importante, non ha esternato alcuna volontà di cambiare rotta rispetto all’attuale politica monetaria. Nessuna novità neppure per i limiti ai rendimenti decennali, alzati più volte nell’ultimo anno fino all’attuale 1%. A seguito dell’annuncio, lo yen ha ceduto l’1% contro il dollaro e i rendimenti sovrani sono scesi lungo la curva.

Il decennale si è portato appena al di sotto dello 0,60% dallo 0,64% della seduta precedente. Per i bond europei, una buona notizia.

Il decennale italiano è sceso anch’esso di rendimento nella mattinata odierna e sotto il 3,70%. Lo spread si è ristretto ulteriormente e tende adesso a 165 punti base o 1,65%. Non c’è stata solo la Banca del Giappone tra i market mover principali. Il governatore francese François Villeroy de Galhau ha avvertito che “ad un certo punto, nel 2024 ci sarà il taglio dei tassi” da parte della Banca Centrale Europea.

Bond europei su con tassi negativi in Giappone

Indubbio, però, che i bond europei e nordamericani si avvantaggino del mancato cambio di rotta a Tokyo. La politica monetaria ultra-espansiva cozza con la stessa inflazione nipponica, che in ottobre è risalita al 3,3%. Ad ogni modo, segnala che nel breve periodo non ci sarà alcun aumento dei tassi nel Sol Levante, per cui i flussi dei capitali continueranno a muoversi principalmente in direzione Europa e Stati Uniti.

In altri termini, la concorrenza ai bond europei rimane debole con il Giappone ancora intento a mantenere i tassi negativi. D’altra parte, la sua banca centrale sta riuscendo a tenere i rendimenti ben al di sotto del limite massimo. E anche questo contribuisce ad allentare la tensione circa l’urgenza di un cambio di passo.

Restano i rischi al rialzo per l’inflazione, in primis per l’instabilità geopolitica nel Medio Oriente. Lo stiamo vedendo in queste ore con le minacce dei ribelli Houthi nello Yemen. Esse rischiano di spingere le petroliere a circumnavigare l’Africa per dribblare lo stretto, ma con la conseguenza che i costi di trasporto salirebbero e impatterebbero sui prezzi al consumo.

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