Rendimenti in calo anche nella mattinata di oggi per i titoli di stato italiani. Il BTp a 10 anni offre il 3,72% alle ore 10.30, mentre lo spread con i Bund viaggia in area 166 punti base. Neppure la decisione della Banca Centrale Europea (BCE) di ieri di ridurre i riacquisti con il Pepp dal luglio prossimo ha placato la domanda di bond sul mercato dell’Eurozona. Ma è arrivato il momento di fare un’analisi sui BTp, al fine di capire cosa potrebbe accadere nei prossimi mesi.

Monitorando i contratti futures sull’Euribor a 3 mesi, legato al tasso sui depositi bancari, confermato ieri dalla BCE al 4%, scopriamo che il mercato si aspetta un maxi-taglio dei tassi di interesse nel corso del 2024. A fine dicembre dell’anno prossimo, infatti, scenderebbero di 150 punti base dai livelli attuali o dell’1,50%.

Rendimenti crollati da ottobre

Il BTp a 10 anni, che all’apice di ottobre offriva il 5%, adesso ha ripiegato di quasi 130 punti base o dell’1,30%. Grosso modo, i titoli di stato italiani hanno prezzato i futuri tagli dei tassi. Quando questi arriveranno sul serio, non dovremmo assistere a un ulteriore rally obbligazionario. Lo stesso vale per gli altri bond europei e degli Stati Uniti. In sostanza, il mercato si è portato avanti con le valutazioni, come sempre avviene.

Tuttavia, questa presa d’atto non completa l’analisi dei BTp. Stiamo ragionando a parità di spread. Non sta scritto da nessuna parte, però, che il differenziale di rendimento con i titoli di stato tedeschi debba rimanere intatto, anziché scendere o risalire. Vi facciamo un esempio. Più o meno un anno fa, il decennale greco rendeva più di quello italiano. Adesso, offre mezzo punto percentuale in meno. In pratica, lo spread tra Atene e Berlino giace al momento sotto 120 punti base.

Analisi BTp, possibile restringimento spread

Esistono svariate ragioni che giustificano questo migliore trattamento sui mercati dei bond ellenici rispetto a quelli italiani.

Ma è anche vero che l’Italia può compiere qualche progresso per avvicinarsi ai livelli di Atene. Lo spread ha subito un certo aumento con l’arrivo dell’autunno, quando il governo Meloni annunciò con la Nota di aggiornamento al Def che avrebbe aumentato il deficit-obiettivo per quest’anno e il 2024. Tra l’altro, erano le settimane in cui la prospettiva di un taglio dei tassi sembrava allontanarsi. La BCE tuonava in favore di tassi “higher for longer”, un problema per un paese con un elevato debito pubblico come il nostro.

Ma ora che il dibattito ha cambiato verso, lo spread si sta sgonfiando come un soufflé. Resta ancora il più alto nel Sud Europa. Perché? Il macigno del debito non è venuto meno. Manca una strategia anche sul piano comunicativo che segnali al mercato la volontà politica credibile di ridurne il rapporto con il PIL. Servirebbe da un lato proporre misure a sostegno della crescita, dall’altro un piano di riduzione del disavanzo fiscale negli anni. Attirando la fiducia degli investitori sulla solidità dei nostri conti pubblici, lo spread può stringere. E anche senza reazioni di sorta alla svolta monetaria, i rendimenti potranno continuare a scendere e i prezzi a salire.

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