Il nuovo “Regolamento sulla raccolta dei capitali tramite portali online” della Consob e datato 18 ottobre 2019 rivoluziona, pur timidamente, il panorama del “crowdfunding”, aprendo alla sottoscrizione dei mini-bond anche da parte degli investitori retail, cioè individuali. E’ stata così recepita la Legge di Bilancio 2019, che aveva riformato l’art.1oo-ter al comma 1-ter del Testo Unico della Finanza, laddove esso prevedeva che la sottoscrizione di titoli del debito fosse possibile da parte degli investitori professionali e delle categorie indicate dalla Consob, purché l’offerta fosse avanzata in una sezione del portale diversa da quella in cui avviene la raccolta dei capitali di rischio.

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Consob ha ribadito che le norme del codice civile non consentono l’emissione di obbligazioni da parte delle srl, mentre ha stabilito per le spa che potranno raccogliere capitali a titolo di debito, i quali potranno essere sottoscritti da: investitori professionali con un portafoglio di investimenti superiore ai 250.000 euro; investitori professionali che s’impegnino a sottoscrivere titoli per almeno 100.000 euro e che dichiarino in forma scritta di essere consapevoli dei rischi; investitori non professionali, che effettuano investimenti nell’ambito della prestazione del servizio di gestione di portafogli o di consulenza.

Mini-bond appetibili, ma più rischiosi

In pratica, le società per azioni potranno raccogliere capitali sui portali online tramite i cosiddetti “mini-bond” e questi potranno anche essere sottoscritti dagli investitori individuali, ammorbidendo i divieti sinora vigenti e rendendo il mercato italiano un po’ più competitivo con l’estero, dove le restrizioni sono già da tempo inferiori. Per i piccoli investitori, buone opportunità di impiegare i propri risparmi in strumenti più remunerativi dei bond ordinari, che di questi tempi rendono poco o nulla. I rischi non vanno sottovalutati, anzi. Si tratterà di prestare denaro a società che non dispongono di alcuna valutazione del merito creditizio da parte delle agenzie di rating, sebbene la forma giuridica dovrebbe almeno rassicurare sulla tenuta di bilanci vigilati dai revisori contabili.

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Non è forse un caso che l’aggiornamento sia avvenuto proprio in un contesto finanziario come quello attuale, caratterizzato da rendimenti perlopiù negativi fino alle medio-lunghe scadenze per i titoli di stato e corporate nell’Eurozona. Il mercato si sta spostando verso assets più rischiosi per la fame di “yield” e, anziché prendere le vie dell’estero, il risparmiatore potrà prendere almeno in considerazione, dopo attenta valutazione, se affidare i propri denari a una società che li richieda tramite “crowdfunding”, una tecnica che aiuta già da anni parecchie start-up a reperire i capitali necessari per avviare l’attività o irrobustirsi. Proprio qua risiede il rischio, cioè di prestare denaro a soggetti dalla storia creditizia pressoché inesistente e con scarsa attività alle spalle e magari per il finanziamento di progetti, che spesse volte si concludono con un flop. Ma se si pretende un rendimento superiore alla media di mercato, lo si otterrà solo assumendosi qualche rischio in più.

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