Sono due ad oggi i BTp a 50 anni emessi dal Tesoro italiano. Il primo debuttò sul mercato nell’ottobre del 2016 con scadenza 1 marzo 2067 e cedola 2,80% (ISIN: IT0005217390). Il secondo è molto più recente, risalendo alla primavera scorsa con scadenza 1 marzo 2072 e cedola 2,15% (ISIN: IT0005441883). Titoli così lunghi servono allo stato per allungare la durata media del debito pubblico. Viceversa, al mercato garantiscono asset su cui investire nel lunghissimo periodo. In genere, queste soluzioni sono gradite, pur non così lunghe, ai fondi d’investimento, specie di natura previdenziale.

Gli obbligazionisti individuali possono usare i BTp a 50 anni per cercare di lucrare dai movimenti dei prezzi, sfruttandone l’elevata volatilità. Ad ogni modo, vediamo quali differenze presentano i due bond. Il BTp 2067 si acquista a una quotazione di 126 e offre un rendimento netto dell’1,55%. Tu investi 1.000 euro nominali e devi spenderne 1.260. La cedola annuale di 28 euro equivale a un rendimento effettivo dell’1,94%.

Tuttavia, alla scadenza accuseresti una minusvalenza del 20,6%, data dal fatto che ti verrebbe rimborsato un capitale di 1.000 euro, a fronte dei 1.260 euro spesi. Su questa minusvalenza vanteresti un credito d’imposta del 12,50%, cioè pari al 2,58%. Potrà essere usato a compensazione di guadagni su eventuali plusvalenze entro i cinque anni successivi.

E l’altro BTp a 50 anni in scadenza nel 2072?

E passiamo all’altro BTp a 50 anni, in scadenza nel 2072. La cedola più bassa rende il titolo meno appetibile, tant’è che la quotazione ieri si aggirava sui 105,30. Il rendimento netto risultava così dell’1,70%. Se investi i soliti 1.000 euro, dovrai sborsarne 1.053. La cedola effettiva sarebbe dell’1,79%, al netto della tassazione. Siamo sullo 0,15% più basso dell’altro bond. Alla scadenza, qui la minusvalenza accusata sarebbe nettamente inferiore: 5,03%. Su di essa il credito d’imposta risulterebbe dello 0,63%. Un valore quattro volte più basso di quello che si ricava dal BTp 2067.

Attenzione all’entità del credito d’imposta.

Se troppo alta, almeno abbi cura di assicurarti di avere plusvalenze con cui effettuare le compensazioni fiscali. Se no, rischi di ritrovarti in portafoglio un asset meno redditizio di quanto pensi. In effetti, la tassazione effettiva sarebbe superiore e ciò deprimerebbe il rendimento medio annuale netto.

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