Non hanno cedola fissa, né è possibile calcolarne il rendimento e formalmente non fanno parte del debito pubblico. I “warrant” 2040 legati al PIL dell’Ucraina sono obbligazioni inconsuete, sempre che così possiamo definirle. Vennero emesse nel 2015 per offrire una sorta di ristoro agli obbligazionisti che avevano subito un “haircut” del 20%, cioè il taglio del valore nominale dei titoli di stato, a seguito del processo di ristrutturazione del debito sovrano.

Con scadenza nel 2040 e negoziabili sul mercato secondario già dal 2016, essi prevedono che il Tesoro corrisponda ai possessori pagamenti al ricorrere di determinante condizioni.

Anzitutto, il valore nominale del PIL ucraino nell’anno dato dovrà sempre essere superiore a 125,4 miliardi di dollari. A tale fine, va considerato il tasso di cambio tra la grivnia e il dollaro registrato dalla banca centrale di Kiev. Inoltre, il tasso di crescita del PIL reale nell’anno deve essere superiore al 3%. Sia i dati sulla crescita economica che sull’inflazione, quest’ultima necessaria per calcolare il valore del PIL nominale, saranno quelli forniti dal Fondo Monetario Internazionale.

Qualora la crescita del PIL risulta superiore al 3%, al possessore spetterà un pagamento pari al 15% della quota eccedente tale soglia. Se la crescita supera il 4%, la quota assegnata al possessore sale al 40%. Ma c’è un limite: tali pagamenti tra il 2021 e il 2025 non potranno eccedere l’1% del PIL. Un pagamento finale potrà esservi sulla base del tasso di crescita tra il 2019 e il 2040. Queste emissioni ammontano a 3,6 miliardi di dollari.

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L’ottimismo per la ripresa spinge i prezzi

Quest’anno, è previsto un pagamento di scarsa entità, legato alla crescita del PIL ucraino nel 2019, pari al 3,2%. Lo scorso anno, agli inizi di febbraio, questi ‘warrant’ salivano per la prima volta sopra la pari sull’ottimismo per una robusta crescita economica del paese nel corso dell’anno.

Sappiamo che poche settimane dopo arrivava in Europa lo tsunami della pandemia. Considerate che questi titoli sono stati emessi a una trentina di centesimi l’uno.

Dopo la crisi, tuttavia, anche per Kiev i mercati finanziari si attendono un rimbalzo del PIL, tale da portare a pagamenti una tantum pari a 35 centesimi per ‘warrant’. Da qui, l’impennata a quotazioni fino a circa 113 agli inizi del febbraio scorso, giudicate un po’ eccessive da parte di alcuni analisti. In effetti, i prezzi sono scesi appena sopra la pari, segno che parte dell’ottimismo sia venuto meno, un po’ per le difficoltà che l’Europa sta incontrando nel liberarsi della pandemia, un po’ anche per le rinnovate tensioni tra Russia e Ucraina. Nei giorni scorsi, il Cremlino ha ammassato le sue truppe al confine con lo stato europeo, pur sostenendo che sia a soli fini difensivi. Il presidente Volodymyr Zelenskiy, invece, ritiene che l’operazione militare sia volta a creare un clima minaccioso e nocivo per il cessate il fuoco.

Il debito pubblico ucraino è “spazzatura” per le agenzie di rating: B per S&P e Fitch, B3 per Moody’s. Preoccupa particolarmente la tensione geopolitica nel paese, che nel 2014 ha subito la sottrazione della Crimea da parte di Mosca, un evento che ha portato al “congelamento” delle relazioni internazionali tra Russia e Occidente.

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