Venerdì 20 gennaio, il Tesoro ha effettuato un concambio, operazione che consiste nel riacquistare titoli di stato in circolazione su base volontaria e pagarli con la consegna ai venditori di uno o più bond come alternativa. Nello specifico, è stata emessa la 19-esima tranche del BTp a 10 anni con scadenza 1 febbraio 2033 e cedola 5,75% (ISIN: IT0003256820) per 2,5 miliardi di euro. E sono stati riacquistati per 2,86 miliardi i bond con scadenza 15 marzo 2023, 1 maggio 2023, 1 agosto 2023, 15 agosto 2023 e 15 ottobre 2023. Il prezzo di emissione è stato di 114,879, appena più basso di quello vigente sul mercato secondario e in area 115 in apertura di seduta.

L’operazione ha consentito sostanzialmente l’allungamento della vita media del nostro debito pubblico.

Pur essendo ormai un BTp a 10 anni, il suo debutto sul mercato sovrano avvenne nel 2002 in qualità di bond a 30 anni. Lo svela la stessa maxi-cedola. Neppure dopo l’esplosione dei rendimenti dell’ultimo anno i titoli di stato trentennali offrono così tanto. Di questo bond risultano ora in circolazione 24,26 miliardi di euro. Abbastanza per definirlo liquido, in teoria. Invece, apprendiamo dai dati di Borsa Italiana che sia oggetto di scambi per appena una cinquantina di milioni al mese di controvalore. Troppo pochi.

Effettivamente, questo BTp a 10 anni datato risulta infliggere un rischio di liquidità a cui prestare attenzione. Eppure ve ne parliamo per le potenzialità. La cedola effettiva netta, ai prezzi di venerdì di 114,30, è del 4,40%. Praticamente è quanto offre la cedola lorda su base annua del prossimo BTp a 10 anni con scadenza 1 maggio. Solo che il rendimento lordo di questi giace sotto il 4%, visto che il bond si acquista sopra la pari. In tempi d’inflazione in doppia cifra è importante scegliere bene.

Potenzialità del BTp a 10 anni

La crescita dei prezzi al consumo è attesa alta anche quest’anno, probabilmente tra il 4,5% e il 5% medio. Il BTp a 10 anni sarebbe a stento in grado di coprirla.

Ma potremmo sempre sperare che salga di prezzo per rivenderlo e incassare una plusvalenza, avendo messo a frutto il capitale più dell’inflazione. Ad esempio, ad una quotazione di 125, il rendimento del bond tra un anno scenderebbe al 2,55%. A quel punto, avrebbe una durata residua di 9 anni. E l’ultima volta che il BTp a 9 anni ha reso tanto è stata nella primavera dello scorso anno. I tassi d’interesse stavano iniziando a salire, pur non ancora quelli ufficiali della Banca Centrale Europea.

Tra un anno, verosimilmente la stretta sui tassi sarà cessata. Il mercato inizierà a scontare il taglio. I prezzi saliranno e i rendimenti scenderanno. Salvo sorprese, più che probabili in uno scenario ancora mutevole. Se la nostra scommessa fosse vinta, riusciremmo a spuntare una plusvalenza netta dell’8%, a cui sommare la cedola annua netta effettiva di cui sopra. In tutto, avremmo realizzato un guadagno intorno al 12,50%, persino superiore al probabile picco dell’inflazione italiana raggiunto a novembre. Nel caso peggiore in cui i prezzi non salissero più e dovessimo tenere il BTp a 10 anni fino alla scadenza, in ogni caso porteremmo a casa un rendimento annuo lordo di quasi il 3,90%.

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