In attesa di conoscere i dati sull’inflazione e sul PIL nell’intera Eurozona, ieri abbiamo avuto un assaggio con quelli provenienti dalla Germania. Essi hanno rivelato le difficoltà in cui annaspa attualmente la prima economia europea. Il PIL tedesco nel terzo trimestre ha registrato un calo congiunturale dello 0,1% e tendenziale dello 0,3%. Un po’ meglio delle attese, ma pur sempre variazioni negative. E l’inflazione di ottobre è scesa al 3,8% dal 4,5% di settembre. Lo spread ha reagito proseguendo il calo sotto i 200 punti base, scendendo sotto 195.

Il rendimento del BTp a 10 anni è sceso anch’esso, portandosi sotto quota 4,80%.

Spettro recessione fa bene a BTp 10 anni

In pratica, le cattive notizie dalla Germania hanno fatto bene ai titoli di stato italiani. Per quale ragione? Lo capiamo già da quanto accaduto al board di giovedì scorso della Banca Centrale Europea (BCE). Non c’è stato l’undicesimo aumento consecutivo dei tassi di interesse, perché c’è preoccupazione circa lo stato di salute dell’economia nell’Eurozona. Per le sue dimensioni, la Germania può considerarsi un “proxy” dell’andamento per l’intera area. Il fatto che stia tornando in recessione anticiperebbe un quadro cupo per tutte le venti economie dell’euro.

Sappiamo che la ragione fondamentale per cui lo spread tra BTp a 10 anni e Bund di pari durata sia salito negli ultimi mesi è data dalla politica sui tassi BCE. Più dura e lunga la stretta, maggiore il costo di emissione del debito pubblico italiano, gravando su una spesa per interessi già elevata e rischiando di far deragliare le finanze dello stato. In sostanza, il rischio sovrano percepito è aumentato. Qualsiasi elemento che faccia ipotizzare tassi BCE meno alti o rimanenti ai livelli attuali per un periodo inferiore, spinge il mercato a riprendere un po’ di fiducia sull’Italia. Dunque, lo spread si restringe.

Spread giù con mutate previsioni tassi BCE

PIL e inflazione giù in Germania vanno entrambi nella direzione di rendere meno probabile un ulteriore aumento dei tassi BCE.

Anzi, di questo passo potrebbero portare Francoforte non solo cessare definitivamente la stretta, ma anche a tagliare i tassi nel corso del 2024 prima e/o con maggiore intensità delle previsioni. I rendimenti a lungo termine sono saliti bruscamente dall’estate in avanti proprio in prospettiva di “tassi alti più a lungo”, che è stato il mantra delle banche centrali di questo inizio autunno. I dati macro starebbero sconfessando tale strategia e il BTp a 10 anni si sta allontanando sempre più dalla soglia del 5%.

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