La scorsa settimana, il ministro dell’Economia Sergio Massa aveva annunciato il buyback dei bond in valuta estera emessi dall’Argentina e in scadenza nel 2028 e 2029. Ha giustificato l’operazione sostenendo che questo sarebbe il tratto della curva da aggredire per migliorare il profilo del credito sovrano e allungare la durata del debito. Martedì, l’agenzia di rating Moody’s ha replicato all’operazione da 1 miliardo di dollari con una doccia fredda per Buenos Aires. A detta dell’analista Jaime Reusche, il riacquisto di obbligazioni rientrerebbe nella definizione di “default”.

L’operazione, sostiene, aggrava la condizione delle già scarse riserve valutarie, nonché accresce le pressioni sullo stesso governo in merito alla sua capacità di fronteggiare le scadenze nel 2024.

Moody’s assegna al debito pubblico dell’Argentina il rating Ca, il secondo più basso della sua scala. Il giudizio severo sul buyback, tuttavia, non è condiviso dal mercato. I bond oggetto dei futuri acquisti da parte dello stato argentino hanno continuato a salire di prezzo. Mercoledì, il Call Sink 9 luglio 2029 in euro con cedola 0,5% (ISIN: XS2200244072) si acquistava a 28,50 centesimi. Nell’ottobre scorso, aveva toccato un minimo a 18 centesimi.

L’aspetto strano di questa vicenda risiede nei tempi dell’annuncio. Il buyback arriva quando i prezzi dei bond sono già saliti di un buon 50% dai minimi dei mesi passati. Sarebbe stato più conveniente per l’Argentina attuarlo allora, in quanto avrebbe o speso di meno o, a parità di esborso, riacquistato un quantitativo di debito maggiore. Ma forse la risposta la offre lo stesso Massa, quando dichiara che l’operazione sarebbe resa possibile dalla risalita delle riserve valutarie a seguito delle politiche del governo a favore delle esportazioni.

Buyback non evita default su bond in pesos

In effetti, le riserve sono salite dai 29 miliardi di settembre ai 32,2 miliardi di novembre. Al contempo, il rischio sovrano percepito sta riducendosi dopo avere toccato un apice nell’estate scorsa con le dimissioni del ministro dell’Economia, Martin Guzman.

Massa ha parlato di “finestra di opportunità”, sebbene gli analisti si chiedano perché mai impiegare questo denaro a favore del buyback e non, ad esempio, per ridurre le esposizioni verso il Fondo Monetario Internazionale. Si è anche generata confusione, perché non si conoscono né i tempi dei riacquisti e né le quantità dei singoli bond da riacquistare.

Ad ogni modo, nelle sale d’investimento si guarda con scetticismo alla reazione di Moody’s. Gli investitori fanno notare che il buyback su base volontaria non sarebbe affatto default. Anzi, che lo stato ritiri e annulli un po’ di debito in circolazione a forte sconto è positivo sulla sua capacità futura di onorare le scadenze. Certo è che nel complesso la situazione resta gravissima. Il pagamento di alcune scadenze in pesos di questo trimestre è stato rinviato. Praticamente, l’Argentina è nuovamente in default, ma stavolta sul suo debito domestico. Del resto, nessuno se la sente più di finanziare Buenos Aires in valuta locale con un’inflazione prossima al 100%. Buyback o meno, siamo sull’orlo dell’ennesimo precipizio in pochi anni.

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